LEGA AMBIGUA PER ARGINARE LA DESTRA D’OPPOSIZIONE
Era inevitabile che la Lega venisse accusata di ambivalenza nei confronti del governo. Per il modo in cui il partito di Matteo Salvini si è mosso in questi mesi sul Covid e i vaccini, l’appoggio dato ieri a una proposta di Fratelli d’Italia contro la linea della maggioranza non sorprende. Ma forse non ne va esagerato nemmeno il significato e l’intento. Si tratta di un gesto di debolezza, non di forza. E non mette minimamente in discussione la permanenza del Carroccio nella coalizione guidata da Mario Draghi.
Semmai, segnala la carenza di ossigeno politico di un partito braccato elettoralmente dalla destra di Giorgia Meloni. Ed è attraversato da tensioni interne che non arrivano a intaccare la leadership. Piuttosto, lasciano affiorare una vena di insoddisfazione di alcuni governatori e ministri che vorrebbero un atteggiamento più lineare nei confronti del premier. Salvini ha negato fronde, sostenendo di «lasciare i gruppetti al Pd». D’altronde, le sue riserve sul cosiddetto e l’obbligo dei vaccini, per quanto controverse, non sono una novità.
Semmai, colpisce la decisione di ritirare gli emendamenti della Lega, allineandosi al resto della maggioranza; e poi di inseguire FdI, col risultato di apparire inaffidabile agli alleati e subalterno a Meloni. Perfino il M5S, che nel passato ha attaccato il governo per velare i propri contrasti, ieri ha potuto accusare Salvini di scaricare le proprie magagne su Palazzo Chigi. Alla fine, sono contraddizioni che fanno male soprattutto a chi le esprime.
Più che «pugnalate» a Draghi, come sostiene una sinistra para-grillina interessata a indebolire il premier, gli scarti di alcune forze della coalizione sono atti di autolesionismo e attestati di impotenza. Confermano quanto sia complicato non solo e non tanto stare al governo. Il tema è più generale. Mette in discussione la strategia e l’identità di forze che cercano sempre più di correggere il profilo populista, dandosi un identikit moderato; ma che in parallelo debbono fare i conti con porzioni dell’ elettorato abituate a ben altre parole d’ordine. Come per il M5S, queste oscillazioni magari non provocano spaccature nella nomenklatura.
Alla lunga, tuttavia, evidenziano un’identità contraddittoria: sia nel giudizio su Draghi, sia nell’atteggiamento verso la scienza, sia nei rapporti con Silvio Berlusconi e Forza Italia. Difficile dire se l’iniziativa parlamentare di ieri sia figlia della sintonia che Salvini sta cercando di ricostruire con la destra d’opposizione di Meloni, o del timore di perdere elettori. In entrambi i casi, ha fornito agli avversari un buon pretesto per nascondere le loro ambiguità dietro quelle del Carroccio: almeno per un po’.