IL RISPETTO E I DIRITTI DEI VACCINATI
Si legge di tutto in tema di vaccini anti Covid 19, di green pass, di obbligo vaccinale, della possibilità di scegliere di non vaccinarsi, delle strategie da mettere a punto per la ripresa alla vita e ancora di diritti fondamentali calpestati. Non si parla, invece, del «popolo dei vaccinati», dei loro diritti nel bilanciamento con quelli di chi decide, volontariamente, di non vaccinarsi.
Il Tribunale amministrativo regionale di Roma, in sede monocratica, si è appena pronunciato, ritenendole legittime, sulle disposizioni ministeriali che disciplinano per il personale scolastico il possesso della certificazione verde per la ripresa dell’attività professionale. Proprio sul tema del reclamato diritto del personale scolastico a non essere vaccinato il giudice amministrativo ha chiarito, premessa la difficoltà di configurarlo come diritto alla salute, che questo non può avere né valenza assoluta né può considerarsi intangibile, dovendo essere contemperato con altri diritti fondamentali e interessi pubblici tra cui quello, inerente alla salute pubblica, a circoscrivere l’estendersi della pandemia e quello di assicurare il regolare svolgimento dell’essenziale servizio della scuola in presenza.
La pandemia da Covid 19, ufficialmente nata a febbraio 2020, ha significato per tutti vivere alterni momenti: di paura, di sconforto, di speranza, di resilienza, tanto importante quest’ultimo da dare il nome al piano di crescita economica del Paese. Gli ultimi 18 mesi sono stati contraddistinti dalla ricerca di un vaccino e dai risultati della sua efficacia nel prevenire la malattia. Poi è arrivata la fase della sua disponibilità, delle comunicazioni scientifiche confuse, improvvisate, contraddittorie, anche a causa della novità e della incontrollabilità del virus. E tuttavia si è compresa quale potesse essere la strada della «ripartenza» e quale il rischio da correre: vaccino a una dose, a due dosi, a vettore virale o a mRNA. Siamo diventati per necessità tutti esperti virologi anche per superare la diffidenza verso un vaccino messo a punto nei tempi ristretti dettati dalla pandemia. Alla fine, tra i pro e i contro, e all’esito del chiassoso dibattito scientifico, c’è da dire anche poco compatto, ci siamo resi conto che c’era poco da decidere: confinarsi in casa da
È ora di chiedere Un minimo di riguardo per chi ha deciso di percorrere la strada dell’incognita terapeutica per il bene del Paese
eremita, con il rischio comunque del virus in agguato oppure vaccinarsi e provare a riprenderci le nostre vite, finanche accettando il vaccino «eterologo», il massimo del «pasticcio» farmacologico cui si poteva essere sottoposti.
Eppure, anche questo, in poche settimane, è stato accettato come inevitabile perché l’obiettivo era ritrovare la «normalità», poter accettare un invito a cena, attardarsi in un abbraccio, ritornare a cinema o a teatro, progettare il proprio futuro. I giovani, anche minorenni, si sono incamminati a frotte verso i vari centri vaccinali senza alcuna esitazione: accettare il sacrificio e scongiurare il rischio di vedersi derubata oltremodo la giovinezza da un nemico invisibile.
E ora grazie al green pass, questa sorta di lasciapassare per la ripresa alla vita, si assapora un minimo di ottimismo cercando di dimenticare i dilemmi e le preoccupazioni che hanno accompagnato la penosa scelta terapeutica, rispondendo a quel richiamo di dovere civico lanciato dalle istituzioni e contribuendo tutti nel nostro piccolo a combattere questa battaglia mondiale contro il virus. Per nessuno è stata una scelta facile, come lo è, probabilmente, quella di non vaccinarsi, che pur dilania chi prova a resistere e a confidare su una possibile immunizzazione di massa. Nemmeno per noi, popolo dei vaccinati, fiduciosi e speranzosi di non ritrovarci un giorno «trasformati» come in un banale film di fantascienza, paure queste in parte fugate dalla scienza e in parte dal senso di resilienza che appartiene all’essere umano, che sa bene che il primo passo da fare in ogni situazione di pericolo è quello di resistere.
Scegliere di vaccinarsi non è stata una scelta facile, ma è stata fatta da più di 38 milioni di italiani, per provare a raggiungere l’agognata immunità di gregge che potrebbe anche assicurare protezione, in particolare, a quelle persone che non possono vaccinarsi per problemi di salute.
Quello che sta accadendo è paragonabile a una guerra e, come in tutte le guerre, i diritti delle persone non possono trovare piena soddisfazione come in tempo di pace, potendosi chiedere che venga assicurato innanzitutto il diritto alla vita e alla salute. Gli altri diritti vanno bilanciati con quelli degli altri componenti la comunità che vivono lo stesso momento di difficoltà: sorveglianza sanitaria, trasparenza, diritto al lavoro, autodeterminazione terapeutica, diritto allo studio, riservatezza.
Si può chiedere il rispetto dei diritti di coloro che hanno deciso di percorrere la strada dell’incognita terapeutica per il bene del Paese, di coloro che con il green pass hanno aggiunto alle loro vite un adempimento burocratico che nei fatti si sta rivelando un lasciapassare di speranza e di libertà?