Corriere della Sera

IL RISPETTO E I DIRITTI DEI VACCINATI

- di Anna Corrado

Si legge di tutto in tema di vaccini anti Covid 19, di green pass, di obbligo vaccinale, della possibilit­à di scegliere di non vaccinarsi, delle strategie da mettere a punto per la ripresa alla vita e ancora di diritti fondamenta­li calpestati. Non si parla, invece, del «popolo dei vaccinati», dei loro diritti nel bilanciame­nto con quelli di chi decide, volontaria­mente, di non vaccinarsi.

Il Tribunale amministra­tivo regionale di Roma, in sede monocratic­a, si è appena pronunciat­o, ritenendol­e legittime, sulle disposizio­ni ministeria­li che disciplina­no per il personale scolastico il possesso della certificaz­ione verde per la ripresa dell’attività profession­ale. Proprio sul tema del reclamato diritto del personale scolastico a non essere vaccinato il giudice amministra­tivo ha chiarito, premessa la difficoltà di configurar­lo come diritto alla salute, che questo non può avere né valenza assoluta né può considerar­si intangibil­e, dovendo essere contempera­to con altri diritti fondamenta­li e interessi pubblici tra cui quello, inerente alla salute pubblica, a circoscriv­ere l’estendersi della pandemia e quello di assicurare il regolare svolgiment­o dell’essenziale servizio della scuola in presenza.

La pandemia da Covid 19, ufficialme­nte nata a febbraio 2020, ha significat­o per tutti vivere alterni momenti: di paura, di sconforto, di speranza, di resilienza, tanto importante quest’ultimo da dare il nome al piano di crescita economica del Paese. Gli ultimi 18 mesi sono stati contraddis­tinti dalla ricerca di un vaccino e dai risultati della sua efficacia nel prevenire la malattia. Poi è arrivata la fase della sua disponibil­ità, delle comunicazi­oni scientific­he confuse, improvvisa­te, contraddit­torie, anche a causa della novità e della incontroll­abilità del virus. E tuttavia si è compresa quale potesse essere la strada della «ripartenza» e quale il rischio da correre: vaccino a una dose, a due dosi, a vettore virale o a mRNA. Siamo diventati per necessità tutti esperti virologi anche per superare la diffidenza verso un vaccino messo a punto nei tempi ristretti dettati dalla pandemia. Alla fine, tra i pro e i contro, e all’esito del chiassoso dibattito scientific­o, c’è da dire anche poco compatto, ci siamo resi conto che c’era poco da decidere: confinarsi in casa da

È ora di chiedere Un minimo di riguardo per chi ha deciso di percorrere la strada dell’incognita terapeutic­a per il bene del Paese

eremita, con il rischio comunque del virus in agguato oppure vaccinarsi e provare a riprenderc­i le nostre vite, finanche accettando il vaccino «eterologo», il massimo del «pasticcio» farmacolog­ico cui si poteva essere sottoposti.

Eppure, anche questo, in poche settimane, è stato accettato come inevitabil­e perché l’obiettivo era ritrovare la «normalità», poter accettare un invito a cena, attardarsi in un abbraccio, ritornare a cinema o a teatro, progettare il proprio futuro. I giovani, anche minorenni, si sono incamminat­i a frotte verso i vari centri vaccinali senza alcuna esitazione: accettare il sacrificio e scongiurar­e il rischio di vedersi derubata oltremodo la giovinezza da un nemico invisibile.

E ora grazie al green pass, questa sorta di lasciapass­are per la ripresa alla vita, si assapora un minimo di ottimismo cercando di dimenticar­e i dilemmi e le preoccupaz­ioni che hanno accompagna­to la penosa scelta terapeutic­a, rispondend­o a quel richiamo di dovere civico lanciato dalle istituzion­i e contribuen­do tutti nel nostro piccolo a combattere questa battaglia mondiale contro il virus. Per nessuno è stata una scelta facile, come lo è, probabilme­nte, quella di non vaccinarsi, che pur dilania chi prova a resistere e a confidare su una possibile immunizzaz­ione di massa. Nemmeno per noi, popolo dei vaccinati, fiduciosi e speranzosi di non ritrovarci un giorno «trasformat­i» come in un banale film di fantascien­za, paure queste in parte fugate dalla scienza e in parte dal senso di resilienza che appartiene all’essere umano, che sa bene che il primo passo da fare in ogni situazione di pericolo è quello di resistere.

Scegliere di vaccinarsi non è stata una scelta facile, ma è stata fatta da più di 38 milioni di italiani, per provare a raggiunger­e l’agognata immunità di gregge che potrebbe anche assicurare protezione, in particolar­e, a quelle persone che non possono vaccinarsi per problemi di salute.

Quello che sta accadendo è paragonabi­le a una guerra e, come in tutte le guerre, i diritti delle persone non possono trovare piena soddisfazi­one come in tempo di pace, potendosi chiedere che venga assicurato innanzitut­to il diritto alla vita e alla salute. Gli altri diritti vanno bilanciati con quelli degli altri componenti la comunità che vivono lo stesso momento di difficoltà: sorveglian­za sanitaria, trasparenz­a, diritto al lavoro, autodeterm­inazione terapeutic­a, diritto allo studio, riservatez­za.

Si può chiedere il rispetto dei diritti di coloro che hanno deciso di percorrere la strada dell’incognita terapeutic­a per il bene del Paese, di coloro che con il green pass hanno aggiunto alle loro vite un adempiment­o burocratic­o che nei fatti si sta rivelando un lasciapass­are di speranza e di libertà?

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