Colaninno: rivoluzione ecologica, non lasciamo indietro le piccole imprese
Il deputato di Italia viva: impatti sociali
Non era scontato che la “turbotransizione” ecologica, l’accelerazione impressa dall’Ue con il pacchetto “Fit for 55” che punta ridurre del 55% le emissioni entro il 2030, lasciasse perplesso uno come Matteo Colaninno, deputato di Italia Viva ma anche vicepresidente della Piaggio, azienda che della conversione green si è fatta pioniera.
Cosa la lascia perplesso, onorevole?
«Non il principio in sé. La svolta ambientale serve, è già in atto, sta provocando una trasformazione sociale, è guidata dai giovani e chi vi si oppone è fuori dai trend di sviluppo. Insomma è una frontiera giusta e irreversibile».
Dunque?
«Sono i tempi così stringenti a lasciarmi dubbi. Condivido il punto di vista del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti: ci sarà una parte del sistema industriale che è pronta alla rivoluzione, ma ci sono milioni di piccole e medie imprese che rischiano di essere stravolte dal cambiamento. Il che pone problemi di impatto sociale».
Cosa propone?
«Di tenere conto delle asimmetrie dei vari sistemi produttivi e di ridiscutere, in seno agli organismi europei competenti, tempi e modi della transizione, tenendo fermo l’orientamento».
Un provvedimento del governo contro le delocalizzazioni selvagge? Eviterei le guerre di religione
La finanza però è già pronta a investire. Non bisognerebbe lasciare fare ai mercati?
«Altre transizioni, come quella tecnologica del Duemila che ancora viviamo, hanno dimostrato che il mercato non è sempre in grado di autoregolarsi. Serve anche la politica a bilanciare le asimmetrie e evitare gli choc».
E contro i Paesi che le nuove regole non vogliono accettarle, come Cina e India, pensa servano i dazi?
«I dazi possono essere uno strumento necessario di medio termine ma non possono rappresentare la strategia definitiva».
A proposito di concorrenza, è allo studio del governo un provvedimento contro le delocalizzazioni selvagge. Che ne pensa?
«Condivido il pensiero del premier Mario Draghi: è un tema complesso e non va fatta confusione tra strategia industriale e atteggiamenti di tipo opportunistico. A tutte le nostre imprese serve essere presenti in modo “verticale” in Paesi che guidano lo sviluppo, come quelli asiatici, anche per potenziare e rafforzare l’industria italiana. Non farei una guerra di religione».
Infatti il provvedimento riguarda più che altro le grandi multinazionali che vengono in Italia, “prendono i soldi e scappano”.
«E qui le correzioni servono. Ma dobbiamo continuare a attrarre investimenti diretti esteri. E sempre a proposito di concorrenza, ho scritto un’interpellanza al governo segnalando la situazione oligopolistica che si è venuta a creare nel settore della logistica e dei trasporti in Europa, che rischia di creare altre tensioni sui costi, oltre a quelle sulle materie prime. L’Ue deve combattere questi cartelli».
Che ne pensa del green pass come strumento per consentire alla ripresa di decollare definitivamente?
«Che è uno strumento essenziale dal punto di vista sanitario e ai fini della ripresa. Spero che imprese e sindacati concordino sull’estensione ai luoghi di lavoro. Non capisco i distinguo politici: mi paiono strumentali».
Il reddito di cittadinanza va cancellato?
«Va, se non eliminato, completamente ripensato. L’obiettivo di produrre occupazione è stato completamente disatteso a favore di un’ottica di puro sussidio».