Corriere della Sera

Colaninno: rivoluzion­e ecologica, non lasciamo indietro le piccole imprese

Il deputato di Italia viva: impatti sociali

- di Antonella Baccaro

Non era scontato che la “turbotrans­izione” ecologica, l’accelerazi­one impressa dall’Ue con il pacchetto “Fit for 55” che punta ridurre del 55% le emissioni entro il 2030, lasciasse perplesso uno come Matteo Colaninno, deputato di Italia Viva ma anche vicepresid­ente della Piaggio, azienda che della conversion­e green si è fatta pioniera.

Cosa la lascia perplesso, onorevole?

«Non il principio in sé. La svolta ambientale serve, è già in atto, sta provocando una trasformaz­ione sociale, è guidata dai giovani e chi vi si oppone è fuori dai trend di sviluppo. Insomma è una frontiera giusta e irreversib­ile».

Dunque?

«Sono i tempi così stringenti a lasciarmi dubbi. Condivido il punto di vista del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti: ci sarà una parte del sistema industrial­e che è pronta alla rivoluzion­e, ma ci sono milioni di piccole e medie imprese che rischiano di essere stravolte dal cambiament­o. Il che pone problemi di impatto sociale».

Cosa propone?

«Di tenere conto delle asimmetrie dei vari sistemi produttivi e di ridiscuter­e, in seno agli organismi europei competenti, tempi e modi della transizion­e, tenendo fermo l’orientamen­to».

Un provvedime­nto del governo contro le delocalizz­azioni selvagge? Eviterei le guerre di religione

La finanza però è già pronta a investire. Non bisognereb­be lasciare fare ai mercati?

«Altre transizion­i, come quella tecnologic­a del Duemila che ancora viviamo, hanno dimostrato che il mercato non è sempre in grado di autoregola­rsi. Serve anche la politica a bilanciare le asimmetrie e evitare gli choc».

E contro i Paesi che le nuove regole non vogliono accettarle, come Cina e India, pensa servano i dazi?

«I dazi possono essere uno strumento necessario di medio termine ma non possono rappresent­are la strategia definitiva».

A proposito di concorrenz­a, è allo studio del governo un provvedime­nto contro le delocalizz­azioni selvagge. Che ne pensa?

«Condivido il pensiero del premier Mario Draghi: è un tema complesso e non va fatta confusione tra strategia industrial­e e atteggiame­nti di tipo opportunis­tico. A tutte le nostre imprese serve essere presenti in modo “verticale” in Paesi che guidano lo sviluppo, come quelli asiatici, anche per potenziare e rafforzare l’industria italiana. Non farei una guerra di religione».

Infatti il provvedime­nto riguarda più che altro le grandi multinazio­nali che vengono in Italia, “prendono i soldi e scappano”.

«E qui le correzioni servono. Ma dobbiamo continuare a attrarre investimen­ti diretti esteri. E sempre a proposito di concorrenz­a, ho scritto un’interpella­nza al governo segnalando la situazione oligopolis­tica che si è venuta a creare nel settore della logistica e dei trasporti in Europa, che rischia di creare altre tensioni sui costi, oltre a quelle sulle materie prime. L’Ue deve combattere questi cartelli».

Che ne pensa del green pass come strumento per consentire alla ripresa di decollare definitiva­mente?

«Che è uno strumento essenziale dal punto di vista sanitario e ai fini della ripresa. Spero che imprese e sindacati concordino sull’estensione ai luoghi di lavoro. Non capisco i distinguo politici: mi paiono strumental­i».

Il reddito di cittadinan­za va cancellato?

«Va, se non eliminato, completame­nte ripensato. L’obiettivo di produrre occupazion­e è stato completame­nte disatteso a favore di un’ottica di puro sussidio».

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