Scienza e Società, radiografia di vent’anni di cambiamenti
Si inaugurava nel 2001 l’Osservatorio per monitorare gli atteggiamenti sociali sui temi della tecnologia
Vent’anni fa i rapporti tra scienza e società erano ancora, soprattutto in Italia, un tema circoscritto a pochi studiosi. Per chi avesse saputo coglierle, tuttavia, le avvisaglie di un cambiamento non erano certo mancate. Nel 1996 era emersa con grande clamore la vicenda della cosiddetta “mucca pazza”. L’anno successivo la stampa di tutto il mondo dette enorme risalto alla nascita della pecora Dolly, il primo mammifero clonato con successo da una cellula somatica da parte di un gruppo di scienziati di Edimburgo. Nel 2000, sul Progetto Genoma Umano e sulla divulgazione dei relativi risultati, vi fu un accordo senza precedenti tra i governi di Stati Uniti e Regno Unito, tra ricerca pubblica e privata.
Negli anni successivi si sono susseguiti referendum e mobilitazioni di cittadini su varie questioni specifiche ma anche proteste e mobilitazioni di scienziati (le “marce per la scienza”). L’attuale pandemia ha portato la ricerca scientifica più che mai in primo piano, assegnando un ruolo centrale agli esperti anche nella comunicazione pubblica.
L’Annuario e l’Osservatorio Scienza Tecnologia e Società sono nati a inizio secolo proprio per monitorare queste discussioni, mettere in luce le principali tendenze e cambiamenti. Contribuire con studi e dati a un dibattito che spesso rischia di restare prigioniero degli stessi stereotipi di vent’anni fa: cittadini ignoranti e ostili alla scienza, scienziate e scienziati chiusi nei propri laboratori e impermeabili alle domande della società.
Grazie all’Osservatorio è possibile monitorare nel lungo periodo percezioni e atteggiamenti sociali verso la ricerca e su temi specifici (come cambiamento climatico, OGM, energia nucleare, sperimentazione animale); evidenziare continuità e cambiamenti nel ruolo dell’informazione su scienza e tecnologia.
Che cosa è cambiato, dunque, in questi venti anni? Alcune tendenze si sono consolidate e rafforzate, in primo luogo la fiducia dei cittadini nella scienza e nei ricercatori. A questa fiducia fanno oggi da contraltare forti tensioni nel rapporto tra il mondo politico e quello scientifico e tra decisione politica e competenza degli esperti. Dal punto di vista della comunicazione, si tende a sovrastimare posizioni (come quelle dei cosiddetti “no vax”) nettamente minoritarie nell’opinione pubblica, ma sostenute da minoranze particolarmente attive e ‘vocali’ (oltre che mediaticamente ‘notiziabili’). I dati ci dicono chiaramente che su temi legati alla scienza, e soprattutto quando si tratta di questioni rilevanti per la salute, il ruolo dei social media come fonte informativa è nettamente ridimensionato rispetto alle fonti istituzionali.
Il fulcro della comunicazione su scienza e società si è spostato sempre più dai mezzi di informazione verso ricercatori e istituzioni: una responsabilità che spesso trova ancora questi soggetti poco preparati. Investire nella comunicazione della ricerca e nella formazione delle necessarie competenze sarà una delle sfide principali per i prossimi vent’anni.