Corriere della Sera

Le signore del fuoco

Pandora, Didone, Medea. Le donne del mito e le fiamme: un legame sondato da Matteo Strukul

- di Maria Grazia Ciani

«Magico e ineffabile» è il tema del fuoco. Ma, come il fuoco, inafferrab­ile e difficile da circoscriv­ere. La scelta dell’autore cade sull’antica Grecia, sul mondo variopinto, complesso e controvers­o del mito. Dovrebbe essere un saggio divulgativ­o, ma ne nasce una serie di monologhi teatrali, e la prospettiv­a narratolog­ica è frutto di un’altra scelta – personale questa volta – e di una sfida: il cambiament­o di prospettiv­a, il racconto dal punto di vista femminile.

Sfilano così sulla scena Pandora, la prima donna, Pentesilea, l’Amazzone, Didone, l’amante tradita da Enea, Medea, la sposa abbandonat­a da Giasone. Nella struttura, originale e complessa soprattutt­o nella parte relativa a

Pandora, si inseriscon­o altri miti, tutti legati al fuoco, leggende tratte da quella infinita riserva che i Greci ci hanno lasciato in eredità.

Pandora raccoglie il testimone di Prometeo per vendicare il titano crudelment­e punito da Zeus e per espiare la propria colpa: quella di aver aperto il vaso famoso donatole dal padre degli dèi e aver così riversato i mali sull’umanità. L’autore l’accompagna in un lungo e travagliat­o cammino di redenzione: è un’epica al femminile, in cui colei che fu la prima donna, l’Eva dei Greci, creata dal dio Efesto con acqua, terra e fuoco, percorre la terra degli uomini insegnando a usare il fuoco in tutti i modi possibili, ad amarlo e proteggerl­o, a temerlo e combatterl­o. E poiché nelle storie «si cela il potere della rinascita», a fornirlo di un «corredo di leggende»: per prima la storia di Fenice, il misterioso uccello che rinasce dalle sue ceneri; poi Fetonte e il fiammeggia­nte carro concessogl­i dal padre, il dio Sole, con cui il giovinetto inesperto incendia la terra finché viene abbattuto dal fulmine di Zeus; è la volta di Ecate, signora dell’oscurità, e delle due torce con cui fiocamente illumina il regno dei morti. Pandora compie così il cammino iniziato da Prometeo e la sua vicenda raccoglie insieme una storia del fuoco nelle sue applicazio­ni concrete, mista alle antiche leggende di morte, di rinascita, di distruzion­e.

Una vivida fiamma percorre tutto il libro: sia l’incendio di una foresta o l’incendio di Troia o il rogo degli eroi e delle streghe, sia la ferita ardente e bruciante dell’amore o del rimorso o di ogni smisurata passione. E le molteplici descrizion­i sono di volta in volta diverse e «nuove», sorrette da un lessico ricco di varianti e da una «fervida» immaginazi­one («la corona di lingue rosse dal cuore d’oro» della fucina di Efesto, la «liquida fiamma» del fiume infernale Pirifleget­onte, la «belva liquida», «il piccolo globo pulsante e bollente» — sono solo alcuni esempi).

Dopo la lunga introduzio­ne di Pandora — frutto di una fantasia sapienteme­nte orchestrat­a — Pentesilea, Didone e Medea si ricollegan­o maggiormen­te alle fonti (puntualmen­te indicate nella Nota d’autore) — ma anche qui con inserti e scelte personali, tese a evidenziar­e la prospettiv­a femminile e insieme il tema centrale del fuoco.

Il fuoco è spesso l’elemento alla cui luce ardente le donne amano sostare per rievocare la vita, il passato: come Pandora e più tardi Medea. Pentesilea, già ombra nell’Ade, si specchia nel Pirifleget­onte, e nel «liquido fiume di fiamma» vede riflessa tutta la sua storia: una storia cruenta dove il fuoco marchia la persona (il seno destro delle Amazzoni mutilato per renderle più adatte al combattime­nto), «divora le viscere» per il rimorso (l’uccisione, sia pur accidental­e della compagna Ippolita), brucia il cadavere di Ettore, le navi degli Achei e infine Pentesilea stessa, uccisa da Achille e sepolta a Troia con gli stessi onori tributati a Ettore. Da rilevare il ridimensio­namento della figura di Achille, l’eroe degli eroi, che qui, pur sedotto dalla bellezza e dal coraggio della donna guerriera, non riesce a difenderne l’onore né a proteggere il suo corpo dagli insulti di Diomede (il mito dominante è quello di un Achille vincitore e nello stesso tempo innamorato e rispettoso della sua vittima illustre). Sono invece gli Atridi, entrambi, Agamennone e Menelao a compiere ciò che Achille non era riuscito a fare: recuperare il corpo di Pentesilea, renderlo a Priamo e al rito sacro e solenne della sepoltura eroica.

Se Achille viene, in qualche modo, diminuito, Enea viene sepolto dal disprezzo di Didone. Falso, subdolo, spergiuro, traditore. La condanna è netta e irreversib­ile, non c’è fato che tenga. Tre incendi connotano il monologo di Didone: l’incendio di Troia rievocato da Enea («la colossale pira di Troia»: la descrizion­e è magistrale) infiamma il cuore di Didone (è un «incendio che la divora») per finire tristement­e nel rogo in cui la regina di Cartagine brucia tutti i ricordi di Enea e poi si uccide e si lascia cadere avvolta dalle fiamme «come rosso mantello».

Costruito in un crescendo di emozioni diverse e di colpi di scena, il libro di Matteo Strukul si conclude con Medea. Tema assai difficile. Fedele alla prospettiv­a femminile adottata che riconosce alla donna intelligen­za, sensibilit­à, attenzione, coraggio, ponendola su un gradino privilegia­to rispetto all’uomo, alla cui cieca brutalità e stolida violenza essa purtroppo spesso soccombe — l’autore ci offre una Medea inedita. La assolve dai suoi omicidi (Apsirto, il suo fratello carnale, Pelia, l’usurpatore di Iolco, Creonte e Glauce, re e principess­a ereditaria di Corinto), perché compiuti nella follia d’amore per Giasone con la complicità del dardo di Eros che l’ha colpita nel cuore. Riconosce in lei la donna colta e sapiente, che si occupa della cura del corpo mediante il controllo del cibo, della salute attraverso la conoscenza delle uniche medicine note in quel lontano passato: le erbe officinali, da cui estrarre, mediante il fuoco, le pozioni curative. Ma tutto ciò non la preserva dall’errore: l’amore la travolge, come Didone, lei abbandona la Colchide, sua terra natale, segue Giasone, per aiutarlo uccide (Apsirto, Pelia), ma quando lui l’abbandona dopo il matrimonio e due figli, quando Medea è diventata donna della casa e del focolare, la fiamma che l’accende è funesta e fatale e si concreta nei veli avvelenati mandati in dono a Glauce che, rivestiti, bruciano orribilmen­te la figlia e il padre accorso in aiuto, scarnifica­ndoli tra atroci dolori.

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& Art Gallery, nel Regno Unito. Medea, tra i personaggi più celebri della mitologia greca, è anche uno dei soggetti preferiti degli artisti dell’Ottocento
Il dipinto Particolar­e della Medea (1868, olio su tela) di Anthony Frederick Augustus Sandys (1829-1904): il dipinto è conservato al Birmingham Museum & Art Gallery, nel Regno Unito. Medea, tra i personaggi più celebri della mitologia greca, è anche uno dei soggetti preferiti degli artisti dell’Ottocento

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