La camera fissa e la libertà delle sequenze
Ècostruito su due rigorose scelte estetiche Vidblysk (Reflection), il film in concorso del regista ucraino Valentyn Vaasyanovych: la fissità della macchina da presa che non si muove all’interno della stessa lunga inquadratura e la sorprendente libertà con cui le sequenze si succedono le une con le altre, spiazzando ogni possibile previsione. Come dire che l’occhio dello spettatore deve restare «bloccato» e non distogliere lo sguardo da quello che gli viene mostrato, ma che non può nemmeno prevedere cosa gli riserverà la prossima scena. Due dispositivi «autoritari» che servono per indirizzare la lettura del soggetto alla base del film, per determinarne e amplificarne il senso. Che poi sono le conseguenze sulla popolazione della guerra del Donbass, quando i separatisti dell’Ucraina orientale dichiararono l’indipendenza dalla madre patria, appoggiati esplicitamente dai russi. Al centro del film un chirurgo ucraino, Serhiy (Roman Lutskly), che viene catturato perché l’auto con cui stava trasportando un ferito ha sbagliato strada. Risparmiato dai russi che lo usano per verificare se si sono spinti troppo in là con le torture, Serhiy è costretto ad assistere (e lo spettatore con lui) alle crudeltà della guerra, testimone delle sevizie cui viene sottoposto il nuovo compagno dell’ex moglie (Nadiya Levchenko) partito per il fronte. Rilasciato dopo uno scambio di prigionieri, il medico torna nella sua accogliente casa dove però niente sarà più come prima, né nei rapporti con l’ex moglie, a cui non ha il coraggio di dire a cosa ha assistito, né con la figlia Polina (Nika Myslytska) con cui cerca invece di instaurare un più empatico legame parentale. A osservare questa lento e faticosissimo ritorno alla vita è uno spettatore che si sente come preso in trappola dalla forza delle immagini e dalla crudeltà delle situazioni e che si aggrappa all’altalenante voglia di «rinascita» del protagonista. Proprio come devono aver cercato di fare gli ucraini che si sono trovati a combattere una guerra subita e da cui non hanno potuto distogliere lo sguardo.