Son tornate a volare le ali Fantasia e corsa insieme
Mourinho, Allegri, Sarri, Spalletti, Pioli, lo stesso c.t. ci credono
C’erano una volta le ali: piedi d’oro, capacità di saltare l’uomo, fantasisti e corridori nello stesso tempo. E ci sono ancora, le ali, o meglio sono tornate in gran quantità: nell’ultimo mercato i calciatori con queste caratteristiche sono stati pezzi pregiati delle trattative, cercati con frenesia, trattenuti a forza, pagati tantissimo. Li chiamano in un altro modo, oggi: esterni d’attacco, se lo schema è il 4-3-3 della Nazionale, della Lazio e della Fiorentina, oppure se è il 4-2-3-1 del Milan e della Roma (il Napoli usa un po’ uno e un po’ l’altro modulo); centrocampisti esterni per il 3-4-2-1 dell’Atalanta e del Torino o anche l’orribile «quinti» se si gioca con il 3-5-2 come l’Inter.
Sono diversi rispetto al passato, perché il calcio è sempre più fisico (e sempre meno tecnico, lamenta qualcuno). Però hanno la funzione che avevano le ali di un tempo: fare la differenza.
A tracciare la strada è stato, forse, il ritorno di allenatori che si sono sempre esaltati con il gioco sulle fasce. Mourinho, ad esempio, nell’Inter del Triplete si era inventato una coppia di ali sui generis, però straricche di qualità e decisamente efficaci: Eto’o e Pandev. La Roma più bella di Spalletti aveva sì Totti centravanti, ma anche Amantino Mancini e Taddei a correre ai suoi fianchi. Per non dire del Napoli di Sarri: Callejon a destra, Insigne a sinistra e beato chi aspetta la palla in mezzo all’area, sia questo il potente Higuain o il piccolo Mertens.
Ma una spinta l’ha probabilmente data pure Mancini con la sua Nazionale campione d’Europa, un trionfo nato anche sulle fasce: Berardi, Chiesa, lo stesso Insigne. Un modo di fare calcio che il c.t. non ha mai tradito da quando ha preso in mano gli azzurri e che ha dato frutti straordinari.
È stata l’estate delle ali, dunque. Sarri alla Lazio ne ha volute tre: Pedro, Felipe Anderson, Zaccagni (in verità adattato). Mou ha fatto in modo che la Roma si tenesse strette quelle che aveva: Zaniolo, Mkhitaryan, Carles Perez, El Shaarawy. Il Milan ha sperato in Ilicic, ha sognato Berardi, quindi ha preso Florenzi e Messias, uno con caratteristiche difensive, l’altro da trequartista.
Il Napoli ne ha in quantità industriale: Insigne, Lozano, Politano. E attenzione a Ounas, in poche settimane ha già conquistato Spalletti: potrebbe essere l’anno della sua esplosione. La Fiorentina ha investito 26 milioni per Nico Gonzalez, già fondamentale per Italiano; il Sassuolo ha valutato 35 milioni Berardi e Boga, un modo per far sì che nessuno li portasse via. E il Torino, che gioca con il 3-42-1, ha investito su Brekalo, uomo di fascia, per impiegarlo da trequartista.
Poi c’è la Juve, un caso a parte: Cuadrado è forse l’ala più pura che ci sia, Chiesa si esalta lungo la linea laterale, Kulusevski è costato 40 milioni dopo una stagione super a Parma da esterno, lo stesso Kean può partire da una posizione defilata. Eppure, per ora, Massimiliano Allegri non ha costruito la squadra per sfruttare le fasce, forse ancora scombussolato dall’affaire Ronaldo, forse perché privo di un vero centravanti.
Le ali sono qualcosa di diverso quando lo schema cambia e la difesa diventa a tre. In quel momento, devono coprire davvero tutta la fascia e allora si predilige — almeno su un fianco — avere un terzino. E varia anche il modo di utilizzare gli esterni, ovviamente, così come le loro doti: nell’Atalanta ce ne sono di potentissimi, a cominciare da Gosens. Nell’aprile del 2018 Inzaghi, allora allenatore della Lazio, offrì una cena a tutta la squadra dopo un gol contro il Salisburgo: lo aveva promesso se fossero stati capaci di segnare almeno una volta «quinto su quinto».
In quella circostanza andò così: cross di Basta da destra, rete di Lulic a sinistra. Dumfries e Perisic sono avvertiti: con una giocata del genere, portano tutta l’Inter a cena. Paga Inzaghi.