Corriere della Sera

Causio:«Ma noi eravamo diversi Uno che mi piace è Cuadrado

- s.a.

Franco Causio, campione del mondo nel 1982 con l’Italia di Bearzot, simbolo di una grande Juve.

Il calcio italiano sta riscoprend­o le ali: è un ritorno al passato?

«Ma io non ero un’ala, ero un regista. Diciamo che ero un’ala-regista: il gioco passava tutto da me, anche se stavo sulla fascia e non in mezzo al campo. Era un altro sport, però».

Più tecnico rispetto a quello di oggi.

«Non vedo grandi analogie tra questi giocatori e quelli dei miei tempi, anche in questo ruolo. Penso a me, a Bruno Conti, a Domenghini, a Bruno Mora che era arrivato prima. Fantasisti spostati all’ala. E non dimentichi­amo Claudio Sala, anche se lui aveva una storia diversa, aveva cominciato da mezzala e poi Radice lo aveva messo sulla fascia. Non ce ne sono più, come noi».

Oggi si punta molto sulla corsa, sulla forza, sull’atletismo.

«L’unico che mi piace davvero, che mi ricorda i miei tempi, è Cuadrado: salta l’avversario e crossa bene. Chiesa stesso, che a mio avviso ha grandi qualità, è più attaccante che ala, non fa tutta la fascia. Se glielo insegnano, in futuro potrà riuscirci. Ha le doti del campione, però deve migliorare molto e cambiare modo di giocare».

Perché non ci sono più le ali di un tempo?

«Perché ora si insegna ai ragazzi a occupare una zona, a non uscire dai propri confini. Nessuno dice a un bambino, uno che magari è del 2012 o del 2013: palleggia, conduci la palla, abituati a toccarla. Se lo lasci libero di allenarsi così, migliora moltissimo. Invece non accade, sono ingabbiati e allora viene meno la tecnica di base».

Sono tutti molto inquadrati, non c’è più spazio per la fantasia.

«Ho una scuola calcio a Udine, assieme alla Juventus. So cosa significa parlare di tecnica, lo faccio sempre con i miei istruttori, do loro le indicazion­i da seguire. Ma quanti si comportano in questo modo, puntando sulla tecnica? Mi hanno colpito le parole di Yeboah, il ragazzino che Nicolato ha fatto esordire nell’Under 21 e che ha girato molto anche se è giovanissi­mo. Ha detto che il settore giovanile in Italia non sta né in cielo né in terra. In Inghilterr­a e in Austria gli hanno insegnato a trattare la palla, non da noi».

Tante ali, insomma, ma voi eravate un’altra cosa.

«Sono ali di pollo, queste».

Manca la libertà

Eravamo registi spostati sulla fascia Ora ai ragazzi insegnano a occupare solo una zona

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