Corriere della Sera

Berrettini non ha paura del Djoker «Adesso so di poterlo battere»

Terza sfida Slam nei quarti dell’Us Open. La Vinci, che eliminò Serena: «Si fidi di sé»

- Gaia Piccardi

Ancora tu, maledetto Djoker? «Ormai ci ho giocato su ogni superficie: terra, cemento, indoor, Slam, non Slam. Lo conosco e lui conosce me, visto che mi ha sempre battuto. Ma ogni volta che l’ho affrontato, ho imparato qualcosa». Matteo Berrettini, da lunedì numero 7 del mondo, stanotte a New York tenta il revival dell’impresa riuscita a Roberta Vinci nel 2015: frapporsi tra il miglior tennista dell’orbe terracqueo (quella volta era Serena Williams) e la conquista del Grande Slam. Diventare, cioè, la nemesi di una storia già scritta, l’indelebile macchia azzurra sul capolavoro annunciato. Ecco perché solo Roberta Vinci, oggi talent di Eurosport spesso al microfono quando in campo c’è il romano, può leggere Berrettini-Djokovic, sfida dei quarti dell’Open Usa.

«Matteo ha più possibilit­à di battere il serbo di quante non ne avessi io di battere Serena — è il parere dell’ex numero 7 del ranking —. Io ero sfavorita, Matteo ormai è nell’elite del tennis; io ero lì per congiuntur­a divina, non avevo avuto un briciolo della sua costanza durante la stagione». Ottavi a Melbourne, quarti a Parigi, finale a Londra, quarti a New York: «Mi sento al livello di Tsitsipas e Zverev, e loro lo sanno» ha detto l’azzurro dopo la vittoria sul bielorusso Ivashka. Più la consapevol­ezza di essere un finalista Slam: «È scolpita dentro di me». E in uno sport di situazioni gestite dalla testa come il tennis, questa certezza è l’architrave su cui costruire le missioni impossibil­i. Berrettini per strada ha perso quattro set, però non è stato impeccabil­e nemmeno Djokovic, impegnato dai giovanissi­mi (Rune e Brooksby) e dal veterano Nishikori: «Matteo sta alzando il livello del suo gioco match dopo match, il suo tennis migliore sta arrivando — dice Roberta —. Ha vinto soffrendo e lottando, e per la fiducia vuol dire tanto. E ha molto meno da perdere rispetto a Djokovic, che rischia di veder sfumare il Grande Slam. Quello sotto pressione sarà Novak: se Matteo scende in campo libero di testa, capace di far correre il braccio, umile come sa essere, beh i problemi li avrà il serbo».

La convinzion­e di potercela fare può anche nascere strada facendo, come capitò alla Vinci con Serena («Partii malissimo, facendomi prendere a pallate nel primo set, ma poi mi sono detta: io qui non ci sono arrivata per caso, vediamo se mi offre uno spiraglio. E quello spiraglio è arrivato»), il nuovo Berrettini sa reagire ai passaggi a vuoto, scuotersi («Tre set su cinque hai tutto il tempo di riprendert­i»), sopperire con l’ace al doppio fallo: «Mi piace il suo atteggiame­nto a New York, non si demoralizz­a mai. Mostra tutta la sua forza interiore senza mai essere arrogante o presuntuos­o». La forza esteriore arriva dal clan: coach Santopadre, che lo conosce come le sue tasche, la fidanzata Ajla, insomma la squadra fortunata della bolla di Wimbledon.

Ma come si affronta uno del mondo, il satanasso che ti ha già battuto tre volte su tre, concedendo­ti al massimo un set (il terzo a Parigi, il primo a Londra)? «Matteo dovrà servire senza sbavature contro il miglior ribattitor­e del circuito, salire di qualità con il rovescio, non solo quello in back, uscire dalla diagonale dove Djokovic lo inchioderà. Ma prima di chiedergli di giocare il rovescio, e trovare il rovescio di Matteo non è facile perché sa spostarsi molto bene, gli stuzzicher­à il dritto. È con quel colpo che dovrà fare la differenza. Senza inventarsi nulla: solido nelle sue armi, sereno, positivo». Berrettini conferma: «Dal punto di vista mentale, rispetto a Wimbledon, penso di aver fatto uno scatto in più: credere, dopo averlo già messo in difficoltà, di poter spingermi oltre e batterlo».

L’ultimo consiglio prima di scendere in campo è di chi ci è già (felicement­e) passata: «Si diverta, non perda tempo a pensare che di là c’è una montagna, si fidi di se stesso, se la goda» è il suggerimen­to di Roberta Vinci. Stessa spiaggia, stesso mare. Il centrale di Flushing, l’Arthur Ashe stadium da 23.771 mila posti: «Un’onda di energia». Che sarà tutta dalla parte di the italian. Daje.

La ex numero 7 del mondo Il serbo vuole il Grande Slam come la Williams e ha tutto da perdere: la pressione sarà su di lui, Matteo può giocare libero

il numero  Il romano ci crede «Ormai l’ho affrontato su ogni superficie, lo conosco e ogni volta ho imparato qualcosa»

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A sinistra Roberta Vinci, che nel 2015 a New York ha battuto l’allora n.1 Serena Williams
Grinta Matteo Berrettini, 25 anni, da lunedì n.7 del mondo, ha vinto 5 tornei A sinistra Roberta Vinci, che nel 2015 a New York ha battuto l’allora n.1 Serena Williams

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