Corriere della Sera

La campioness­a di kickboxing: «Piango e mi alleno di nascosto»

- DAL NOSTRO INVIATO L. Cr.

«So di essere una sportiva, una donna fisicament­e forte, allenata da una disciplina marziale dura. Però il mio cuore sanguina, sono debole, piango tutto il giorno. Non so che fare, ho solo 18 anni ma mi sento come esaurita, finita». Quasi piange al telefono Mina Mohebzada. Sino a poche settimane fa si sentiva padrona del mondo. Campioness­a nazionale afghana di kickboxing neppure ventenne. In luglio era col team partito per le Olimpiadi di Tokyo, fermata a Islamabad perché trovata positiva al tampone per il coronaviru­s, non se l’era presa più di tanto. «Mi rifarò alle prossime Olimpiadi», si era detta, ottimista come sempre, credeva di avere il mondo ai suoi piedi e una vita infinita per conquistar­lo. Ma ora si è scontrata contro il muro di gomma dei talebani. Loro annunciano che le donne non potranno fare sport. E lei è tra le prime vittime. I suoi sogni per il futuro sono a pezzi. Deve restare chiusa in casa, perseguita­ta da un regime che detesta con tutta sé stessa.

Come reagisci?

«Piango, non smetto di piangere. Avevo scoperto questa disciplina quattro anni fa e mi è subito piaciuta immensamen­te, le avevo dato tutta me stessa. È come se mi avessero menomata».

Hai smesso gli allenament­i?

«No, quelli continuano, in segreto, di nascosto dai talebani. Con tre ragazze della nostra squadra nazionale abbiamo attrezzato una stanza posta sopra al seminterra­to di una palestra. Abbiamo solo noi le chiavi e ci alleniamo. Però ci manca un allenatore che guidi e consigli. Non possiamo crescere, solo mantenere lo stesso livello. La nuova legge talebana vieta alle donne di stare vicine ad un uomo che non sia di famiglia».

Vorresti continuare?

«Vorrei, ma so che non posso. Al meglio possiamo cercare di allargare i nostri allenament­i a tutte le ragazze che gravitano sul team nazionale. Ma non potremo fare competizio­ni, non potremo apparire in pubblico. Non potremo mai migliorare e affinare le nostre tecniche».

Cosa pensano nella tua famiglia?

«Sono molto tristi per me. Ma non possiamo emigrare. Mio padre ha un lavoro semplice, deve mantenere la mamma, le mie tre sorelle e due fratelli. Abbiamo pochi mezzi. Anche mio fratello, 16 anni, pratica kickboxing. Ma è un uomo, può continuare».

Cosa capiterà con i talebani?

«Sarà sempre peggio. Non sono cambiati e non cambierann­o. Con il passare del tempo il loro controllo sul Paese sarà sempre più rigido e assoluto. Non solo non permettera­nno le competizio­ni sportive per le donne. Ma interverra­nno anche contro le nostre possibilit­à di studiare e affrancarc­i. Ci tolgono il futuro».

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In palestra Mina Mohebzada, 18 anni

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