Ultrà divisi, si scioglie la Curva dell’Atalanta
In 23 anni le feste con i carrarmati, la beneficienza, le inchieste per il tifo violento
In piena era gasperiniana, di un’Atalanta da Champions League e piani alti della classifica, la Curva Nord bergamasca si scioglie. La notizia, sebbene non ancora confermata ufficialmente dalla tifoseria, è stata comunicata dal capo ultrà Claudio «Bocia» Galimberti ai 350 fedelissimi, che hanno partecipato all’ultima riunione del martedì al «covo» di Campagnola, il ritrovo in città.
La lontananza dallo stadio, a causa della pandemia, ha rappresentato l’ultimo tassello di un puzzle probabilmente più complicato, che in particolare nell’ultimo anno e mezzo ha fatto emergere qualche problema nel gruppo, tra visioni non sempre uniformi e una guida non più così ferma. Galimberti vive nelle Marche da tre anni e dopo l’ultimo Daspo rimediato a Terni, ad aprile, sarà lontano dagli spalti per i prossimi 8. Con i giornalisti non parla.
Nessuno lo fa. Tutti rimandano a un comunicato in fase di definizione dove forse saranno spiegate le ragioni della decisione, non così inaspettata per chi bazzica nell’ambiente ma comunque clamorosa, considerato cosa sono stati questi 23 anni di Supporters
dell’Atalanta, il nome scelto in origine: dalle feste della Dea, con i giocatori caricati su mongolfiere e carrarmati, alle mega trasferte in charter per le sfide in Europa; dalle iniziative benefiche, come l’ospedale da campo per i malati di Covid, ai capitoli più amari delle inchieste sul tifo violento. Forse la più eclatante fu quella dopo le bombe carta alla Bèrghem Fest di Alzano Lombardo, nel 2010.
È tutto finito, almeno per il momento: il «covo» sarà chiuso e gli striscioni ritirati. Mentre la squadra cresceva, la Curva si sfilacciava.