Corriere della Sera

IL VACCINO E L’IDEA DI LIBERTÀ

Nel corso di una pandemia si può riconoscer­e la possibilit­à di mettere in pericolo se stessi, ma non si può consentire di mettere in pericolo gli altri

- di Aldo Cazzullo

L’alternativ­a al green pass non è il liberi-tutti, ma il vaccino obbligator­io. Siccome incentivar­e è meglio che costringer­e, è giusto che l’ingresso sui luoghi di lavoro sia consentito solo a chi ha il green pass. Perché, se nel corso di una pandemia si può riconoscer­e — non senza costi — la libertà di non vaccinarsi e quindi di mettere in pericolo se stessi, per nessun motivo si può consentire il sopruso di mettere in pericolo gli altri. Lo dobbiamo alla memoria dei nostri 130 mila morti, e alla fatica dei medici e degli infermieri che hanno rischiato la vita per prendersi cura di loro e dei tanti malati che invece ce l’hanno fatta.

Come ha notato Draghi, il green pass non serve a chiudere, ma ad aprire. Consente di salire sui treni, di cenare in pizzeria, di entrare in un luogo pubblico con un grado di sicurezza incomparab­ilmente superiore a chi il green pass non l’ha. Ovviamente non esistono garanzie assolute. Il vaccino non è la panacea. Ma è dimostrato che il vaccino aiuta a limitare i decessi e i casi gravi, e quindi a non riempire ospedali e terapie intensive; che è poi il motivo per cui in passato si è dovuto chiudere tutto.

Certo, esiste una questione di libertà. A nessuno piace doversi sottoporre al vaccino. A nessuno piace dover tirare fuori il green pass magari più volte al giorno. Ma la pandemia non è una cosa che abbiamo scelto. Se vogliamo che tutto torni presto come prima, non possiamo comportarc­i come se nulla fosse cambiato.

La distinzion­e tra No vax e No green pass è abbastanza ipocrita. Intellettu­ali anche importanti dicono: piuttosto imponete il vaccino, ma non il documento che attesta la vaccinazio­ne. Forse sono troppo sottili per noi persone semplici. O forse non hanno capito che il green pass serve proprio a evitare di imporre un obbligo di vaccinazio­ne che sarebbe difficile rendere effettivo, e che darebbe spazio a ulteriori proteste.

In piazza, come sempre, scende una minoranza rumorosa. Però le diffidenze verso il vaccino non sono residuali. Oggi gli hub sono mezzi vuoti: chi voleva immunizzar­si l’ha già fatto. Ma se vogliamo sperare in un autunno sereno, con le scuole e i locali pubblici aperti, con la vita sociale e l’economia che ripartono, non possiamo accontenta­rci. Piuttosto, sarebbe bene riaprire i teatri a chi ha il green pass senza limiti di capienza; perché l’industria dello spettacolo, già in bilico, con la capienza dimezzata è destinata a crollare; e non si capisce perché si possa stare seduti accanto a uno sconosciut­o in treno, e non in uno spazio ben più grande come un teatro o un cinema.

Un conto è il delirio complottis­ta di chi considera il Covid un gigantesco Piano, o la mania narcisista di chi pensa che il virus non esista perché lui ha avuto la fortuna di non prenderlo. Un altro conto sono i dubbi legittimi sull’immenso potere che questa vicenda ha consegnato alle multinazio­nali del farmaco. L’Italia e l’Europa devono spingere perché si faccia di tutto per liberalizz­are la formula e vaccinare il mondo, compresi i Paesi poveri. Ma un conto è nutrire dubbi e porsi domande; un altro è farsi del male da soli, e fare del male al prossimo.

Sul green pass alla fine la maggioranz­a che sostiene Draghi si è ricompatta­ta. Altri passi saranno possibili solo se la Lega farà chiarezza dentro se stessa. Se prevarrà la linea dei presidenti delle Regioni del Nord, la prospettiv­a sarà forse la vittoria elettorale, l’ingresso nel Ppe, il governo del Paese. Se prevarrann­o gli istinti antiEuropa e anti-scienza, la prospettiv­a è rientrare nel recinto degli anti-sistema con Marine Le Pen e i nostalgici tedeschi del nazismo. Salvini è sicuro che la storia vada in quella direzione?

Scelte La maggioranz­a alla fine si è ricompatta­ta Ma la Lega dovrà fare chiarezza dentro se stessa

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