La fuga, l’autista, le complicità Eitan, ecco come è andata
La visita del console: il bambino sta bene
La fuga su un’auto guidata da un uomo misterioso. Un controllo a un posto di blocco della polizia svizzera e le complicità ancora tutte da svelare. Ecco i retroscena del rapimento di Eitan. Il nonno in tv: non ho fiducia nella giustizia italiana.
I palazzoni bianchi, eleganti e cementificati, possono sembrare un’Oasi del giardino — come si chiama questo quartiere — solo se paragonati all’asfalto dell’autostrada che passa dietro. È dall’appartamento in cui è relegato da martedì — e fino a domani — che Shmuel Peleg parla alla giornalista del Canale 12, intervista trasmessa in uno dei programmi più seguiti, l’approfondimento del venerdì sera.
La polo azzurra, inquadrato nella casa a Petah Tikva che la polizia israeliana gli ha imposto di non lasciare, si commuove spesso. Resta convinto di aver agito bene («quando crescerà, Eitan mi dirà: nonno mi hai salvato») e rispettando le norme (in Italia è indagato per sequestro di persona aggravato): «Ho ricevuto un parere legale prima di agire, i passaporti sono stati controllati regolarmente». Racconta di aver affittato un aereo privato verso Israele «per essere il più veloce possibile» e per non esporre il piccolo «a persone estranee». Lo ha fatto — spiega — «dopo aver perso la fiducia nella giustizia italiana».
Eitan è adesso con lui, una foto li ritrae insieme sul balcone: «È felice e si trova nel
Ho perso cinque parenti per colpa di gestori avidi, non si può insinuare che agisca per soldi
posto dove deve essere», i suoi genitori — Tal, la madre, è figlia di Shmuel — «avevano già fatto progetti per tornare qui. Adesso deve crescere con l’altra mia figlia Gal».
La reporter Efrat Lachter gli fa notare che ad Aya, zia paterna, è stata data la tutela del bambino: «Io non ho mai rinunciato alla tutela, per me doveva essere un’opzione temporanea. Non mi sono occupato della procedura, peraltro tutta in italiano, non mi è stata spiegata bene. In quei giorni dovevo riportare in Israele i cadaveri di mia figlia e dei miei parenti». Piange: «La mia famiglia è a pezzi, la mia vita è cambiata. Ho perso cinque persone per colpa di gestori avidi e irresponsabili. Come possono insinuare che lo stia facendo per i soldi? Propongo che gli indennizzi vengano bloccati fino ai 18 anni di Eitan».
Da questo emotivo faccia a faccia in prima serata partono le mosse mediatiche di Ronen Tzur, lo stratega assunto dai Peleg, che si è trovato a gestire casi ben più controversi, ha rappresentato anche Moshe Katsav, il capo dello Stato costretto a dimettersi nel 2007 dopo la condanna per violenza sessuale. Nelle ultime tre campagne elettorali è stato il consigliere di Benny Gantz, l’ex capo di Stato Maggiore e attuale ministro della Difesa. Tzur sa di dover conquistare prima di tutto il pubblico israeliano, di dover alzare la pressione interna per rintuzzare i possibili interventi del governo.
Un diplomatico italiano ha incontrato ieri il piccolo nell’appartamento del nonno: «È apparso in buone condizioni di salute» spiegano all’Ansa fonti dell’ambasciata a Tel Aviv. In Israele dovrebbero arrivare domani Aya — «sediamoci a parlare come avremmo dovuto fare da subito» le si rivolge nell’intervista Shmuel — e il marito Or Nirko nei prossimi giorni. Ripetono di essere molto «preoccupati per la salute, anche mentale, di Eitan». L’avvocato Shmuel Moran ha spiegato di voler chiedere subito l’affidamento alla zia paterna. L’udienza al tribunale di Tel Aviv è prevista fra due settimane, Aya spera di ottenere il via libera a rientrare in Italia con Eitan sulla base della Convenzione dell’Aja e quello che prevede «per la sottrazione internazionale di minori».