Corriere della Sera

La fuga, l’autista, le complicità Eitan, ecco come è andata

La visita del console: il bambino sta bene

- di Davide Frattini e Giuseppe Guastella

La fuga su un’auto guidata da un uomo misterioso. Un controllo a un posto di blocco della polizia svizzera e le complicità ancora tutte da svelare. Ecco i retroscena del rapimento di Eitan. Il nonno in tv: non ho fiducia nella giustizia italiana.

I palazzoni bianchi, eleganti e cementific­ati, possono sembrare un’Oasi del giardino — come si chiama questo quartiere — solo se paragonati all’asfalto dell’autostrada che passa dietro. È dall’appartamen­to in cui è relegato da martedì — e fino a domani — che Shmuel Peleg parla alla giornalist­a del Canale 12, intervista trasmessa in uno dei programmi più seguiti, l’approfondi­mento del venerdì sera.

La polo azzurra, inquadrato nella casa a Petah Tikva che la polizia israeliana gli ha imposto di non lasciare, si commuove spesso. Resta convinto di aver agito bene («quando crescerà, Eitan mi dirà: nonno mi hai salvato») e rispettand­o le norme (in Italia è indagato per sequestro di persona aggravato): «Ho ricevuto un parere legale prima di agire, i passaporti sono stati controllat­i regolarmen­te». Racconta di aver affittato un aereo privato verso Israele «per essere il più veloce possibile» e per non esporre il piccolo «a persone estranee». Lo ha fatto — spiega — «dopo aver perso la fiducia nella giustizia italiana».

Eitan è adesso con lui, una foto li ritrae insieme sul balcone: «È felice e si trova nel

Ho perso cinque parenti per colpa di gestori avidi, non si può insinuare che agisca per soldi

posto dove deve essere», i suoi genitori — Tal, la madre, è figlia di Shmuel — «avevano già fatto progetti per tornare qui. Adesso deve crescere con l’altra mia figlia Gal».

La reporter Efrat Lachter gli fa notare che ad Aya, zia paterna, è stata data la tutela del bambino: «Io non ho mai rinunciato alla tutela, per me doveva essere un’opzione temporanea. Non mi sono occupato della procedura, peraltro tutta in italiano, non mi è stata spiegata bene. In quei giorni dovevo riportare in Israele i cadaveri di mia figlia e dei miei parenti». Piange: «La mia famiglia è a pezzi, la mia vita è cambiata. Ho perso cinque persone per colpa di gestori avidi e irresponsa­bili. Come possono insinuare che lo stia facendo per i soldi? Propongo che gli indennizzi vengano bloccati fino ai 18 anni di Eitan».

Da questo emotivo faccia a faccia in prima serata partono le mosse mediatiche di Ronen Tzur, lo stratega assunto dai Peleg, che si è trovato a gestire casi ben più controvers­i, ha rappresent­ato anche Moshe Katsav, il capo dello Stato costretto a dimettersi nel 2007 dopo la condanna per violenza sessuale. Nelle ultime tre campagne elettorali è stato il consiglier­e di Benny Gantz, l’ex capo di Stato Maggiore e attuale ministro della Difesa. Tzur sa di dover conquistar­e prima di tutto il pubblico israeliano, di dover alzare la pressione interna per rintuzzare i possibili interventi del governo.

Un diplomatic­o italiano ha incontrato ieri il piccolo nell’appartamen­to del nonno: «È apparso in buone condizioni di salute» spiegano all’Ansa fonti dell’ambasciata a Tel Aviv. In Israele dovrebbero arrivare domani Aya — «sediamoci a parlare come avremmo dovuto fare da subito» le si rivolge nell’intervista Shmuel — e il marito Or Nirko nei prossimi giorni. Ripetono di essere molto «preoccupat­i per la salute, anche mentale, di Eitan». L’avvocato Shmuel Moran ha spiegato di voler chiedere subito l’affidament­o alla zia paterna. L’udienza al tribunale di Tel Aviv è prevista fra due settimane, Aya spera di ottenere il via libera a rientrare in Italia con Eitan sulla base della Convenzion­e dell’Aja e quello che prevede «per la sottrazion­e internazio­nale di minori».

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Il nonno materno Shmuel Peleg con il piccolo Eitan sul terrazzino dell’abitazione a Tel Aviv
(Foto Greganti/Ansa) In terrazzo Il nonno materno Shmuel Peleg con il piccolo Eitan sul terrazzino dell’abitazione a Tel Aviv

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