Rientro dallo smart working, si parte dagli statali Tutti i nodi ancora irrisolti
Sul tavolo la trattativa per il rinnovo dei contratti nazionali. Tre fasce per scandire la giornata in ufficio
Basta con la fase di emergenza. La ripresa autunnale, la piena riapertura delle scuole e il corredo dell’obbligo di green pass a tutto il mondo del lavoro, sono la premessa per archiviare l’esperienza dello smart working così come è stato finora. Il governo, del resto, ha già avviato il percorso per superare l’attuale tipologia di lavoro a distanza con l’obiettivo di disciplinare una volta per tutte lo smart working. Il banco di prova sarà la pubblica amministrazione, dove il cosidetto lavoro agile tornerà a essere regolato dagli accordi individuali, così come previsto prima della pandemia. Le tappe sono già segnate. Lo spartiacque è il 15 ottobre, giorno in cui scatterà l’obbligo del green pass sui posti di lavoro. Un decreto del presidente del Consiglio dei ministri, nel frattempo, stabilirà che dal 15 ottobre la presenza in ufficio dei dipendenti pubblici torna ad essere la modalità ordinaria di lavoro, a seguire un ulteriore provvedimento del ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, servirà a fissare l’ordine di rientro in ufficio. Che dunque avverrà prima della fine dello stato di emergenza fissata al 31 dicembre.
Decreto Reclutamento
La gradualità di rientro, peraltro, è già stata prefigurata da Brunetta: prima chi lavora agli sportelli, poi gli altri lavoratori impegnati in attività di back office, e «in parallelo le amministrazioni centrali e periferiche». In prima battuta il meccanismo che regolerà il ricorso al lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche è quello indicato dal decreto Reclutamento, varato lo scorso mese di agosto. In pratica, le pubbliche amministrazioni con più di 50 dipendenti, entro il 31 dicembre 2021 devono adottare un Piano integrato di attività e organizzazione, che contiene sia gli obiettivi programmatici e strategici della performance, sia la strategia di gestione del capitale umano (compreso il ricorso allo smart working). Nella pa la percentuale minima di lavoro agile è fissata al momento del rientro al 15%, ma la stessa percentuale è destinata a valere per le amministrazioni che non adotteranno i cosidetti Piani organizzativi del lavoro agile (Pola), previsti dagli stessi piani integrati di attività e organizzazione.
I nuovi contratti
Il quadro che va configurandosi in vista dell’autunno è, tuttavia, destinato a mutare ulteriormente nei prossimi mesi. La trattativa per il rinnovo dei contratti nazionali dei dipendenti di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici riguarda anche il lavoro a distanza, tanto che si configura come l’occasione per affinare la disciplina degli accordi individuali in materia di smart working. La bozza proposta dall'Aran ai sindacati indica, per esempio, che l’accordo tra amministrazione e dipendente deve specificare la modalità di svolgimento del lavoro fuori dall’ufficio, la durata dell’accordo, i giorni di lavoro in sede e quelli a distanza, i riposi e le modalità di recesso. Tra i divieti quello di lavorare dall’estero. La bozza prevede, inoltre, che le amministrazioni agevoleranno l’accesso al lavoro agile in caso di lavoratori in condizioni di necessità (disabili, genitori di figli con meno di 3 anni, care giver). Tra le novità è prevista l’introduzione di tre fasce che scandiscano la giornata lavorativa: operatività, contattabilità e inoperabilità. In quest’ultimo caso il dipendente ha il diritto di disconnettersi. Lo stesso documento stabilisce poi che il lavoro agile sia utilizzato solo «per processi e attività, previamente individuati dalle amministrazioni, per i quali sussistano i requisiti organizzativi e tecnologici per operare con tale modalità».
Dal 15 ottobre il lavoro ordinario per i dipendenti pubblici sarà in presenza