Green pass ai politici, ora Salvini apre: giusto essere noi i primi
E Giorgetti: «Non capisco chi non vuole fare nemmeno un tampone». Il pressing di Franceschini sui teatri
«Abbiamo scongiurato l’obbligo vaccinale, ottenuto tamponi gratis per chi è in difficoltà, calmierati per gli altri, abbiamo evitato che il green pass fosse obbligatorio per i mezzi pubblici». Il giorno dopo che il governo ha approvato l’obbligo di green pass per 23 milioni di italiani, Matteo Salvini aggiusta ancora la mira rispetto all’estensione della stessa certificazione verde contro cui si era battuto fino a poche ore prima che iniziasse il Consiglio dei ministri che ha sancito la radicale svolta voluta dal premier Mario Draghi.
Il leader della Lega, sempre nell’ambito di questa rinnovata linea caldeggiata dagli altri big leghisti, rilancia: «È ovvio che il green pass va esteso a parlamentari e consiglieri regionali — aggiunge Salvini —, se la politica impone un lasciapassare agli altri lavoratori, i politici devono essere i primi a rispettare le regole». E sempre in questa nuova direzione omogenea del Carroccio, che non sembra più strizzare l’occhio agli scettici del vaccino, il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti si rivolge così a quel mondo: «Io capisco ma non condivido i No vax. Non condivido e non capisco chi non vuole nemmeno il tampone».
Le frizioni non mancano però anche sull’altro fronte della maggioranza. Ieri il ministro dei Beni culturali Dario
Franceschini ha rilanciato sull’aumento delle capienze in cinema e teatri, spazi culturali messi in ginocchio dalla pandemia e che stentano a ripartire: «Entro il 30 settembre ci sarà un parere del Comitato tecnico scientifico — ha detto Franceschini — e poi io spero in una misura di allargamento, perché in teatro — stando con la mascherina, fermi, seduti, dove non si parla, non si mangia — credo ci siano le condizioni di sicurezza e lo stesso vale per il cinema. Credo che stiamo andando in quella direzione». Il «credo», però, è d’obbligo, almeno per il momento, perché proprio su questo nodo, durante l’ultimo vertice a Palazzo Chigi, si sarebbe consumato un duro botta e risposta tra Franceschini e Draghi, con quest’ultimo che avrebbe ribattuto di non voler fare norme ad hoc.