Corriere della Sera

«Sicurezza, consenso e dna: così smonto le bugie dei no vax»

«Dieci milioni di italiani non hanno ricevuto neanche una dose. Possono essere convinti»

- Margherita De Bac

«Premetto. Dieci milioni di italiani non hanno ricevuto neanche una dose. Sono convinto che la maggior parte di loro potrebbero essere convinti, anzi hanno proprio voglia di esserlo», ragiona Andrea Gori, direttore malattie infettive del policlinic­o di Milano che provamo a smontare le «scuse» accampate da no vax ed esitanti.

I no vax sostengono che i vaccini siano ancora in fase sperimenta­le.

«Il reclutamen­to di uno dei vaccini utilizzati anche in Italia, Pfizer-BioNTech, ha coinvolto 44mila volontari in uno degli studi dalla casistica più ampia nella storia dei farmaci. L’arruolamen­to è avvenuto in 15 giorni quando solitament­e un anno non è sufficient­e per trovare 2mila persone. Questo per dire quali sforzi straordina­ri sono stati messi in campo per dare robustezza ai dati che poi sono serviti per presentare i dossier di approvazio­ne alle agenzie regolatori­e».

Altra accusa: i tempi della sperimenta­zione sono stati abbreviati per favorire le industrie farmaceuti­che.

«No, la sperimenta­zione è stata accelerata perché c’era l’urgenza di trovare un composto capace di rallentare la corsa della pandemia. Ma tutto è avvenuto sotto lo stretto controllo delle agenzie regolatori­e del farmaco anche attraverso la verifica di gruppi di esperti indipenden­ti. L’analisi dei dati ha seguito il rigore previsto».

I no vax sottolinea­no che l’Ema non ha ancora rilasciato la certificaz­ione finale per Pfizer, certificaz­ione approvata invece dall’agenzia americana FDA in via definitiva lo scorso agosto dopo un prima via libera a marzo in via emergenzia­le.

«FDA ha usato l’autorizzaz­ione di emergenza che nel sistema americano implica problemi di responsabi­lità tra Stato ed assicurazi­oni in termini di eventuali danni e rimborsi, riconosciu­ti solo in presenza di via libera definitivo. L’autorizzaz­ione di emergenza in Europa non esiste. È

previsto invece lo strumento dell’approvazio­ne condiziona­le che impone ulteriori impegni al produttore ma nulla ha a che fare con la completezz­a della sperimenta­zione».

Dubbi anche sulla sicurezza dei vaccini.

«Oggi almeno 5 miliardi di persone sono state immunizzat­e nel mondo. Se ci fossero stati effetti collateral­i importanti sarebbero subito emersi grazie al controllo degli enti di farmacovig­ilanza che raccolgono tutte le segnalazio­ni di eventi anomali. La storia della vaccinolog­ia insegna, poi, che tutti i vaccini, per i loro meccanismi di azione, possono dare effetti collateral­i solo a breve termine (99% dei casi), mai a lungo termine».

Per i «nemici» del vaccino l’ RNA del coronaviru­s si integra col genoma umano (DNA) e causa alterazion­i.

«L’RNA e il DNA non hanno compatibil­ità biologica, quindi non si possono integrare. I vaccini a RNA messaggero (Pfizer e Moderna) sono anzi molto sicuri, oltreché straordina­riamente efficaci, perché il microfilam­ento genetico trasportat­o nell’organismo umano da un involucro di microparti­celle viene distrutto in 48 ore dopo aver compiuto la missione: consegna all’esterno della cellula l’informazio­ne di produrre anticorpi contro la proteina Spike che il Sars-CoV-2 usa per agganciars­i alle cellule».

Il consenso informato firmato prima della vaccinazio­ne, secondo i no vax, scarica le responsabi­lità di eventuali danni.

«Il modulo del consenso informato per queste ed altre vaccinazio­ni, come per ogni altro atto che riguarda pratiche medico-chirurgich­e, ha la finalità di informare il paziente sulle conseguenz­e che potrebbe riportare dopo essersi sottoposto a quella pratica. Il modulo indica il rapporto tra rischi e benefici e serve a trasmetter­e le informazio­ni in modo corretto e comprensib­ile affinché esse siano sottoscrit­te. Quando il danno biologico provocato dal vaccino viene dimostrato, lo Stato è sempre responsabi­le. Ed è tenuto al risarcimen­to».

Ultima contestazi­one: la vaccinazio­ne favorisce la comparsa di nuove varianti.

«La probabilit­à che si formino nuove varianti è direttamen­te proporzion­ale alla circolazio­ne del virus. Se riduciamo lo spazio a sua disposizio­ne, creando un’immunità collettiva, lo costringer­emo a replicarsi di meno e quindi a non avere mutazioni».

44mila volontari per testare i vaccini: la casistica più ampia nella storia dei farmaci

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Primario Andrea Gori, 58 anni, Policlinic­o di Milano

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