Corriere della Sera

«Dobbiamo disimparar­e a scrivere come uomini»

Libri e parole, sei autrici si raccontano

- di Roberta Scorranese rscorranes­e@corriere.it

Ci vuole un particolar­e tipo di forza per rimodulare le proprie ambizioni. Specie quando queste vestono al maschile. E così ieri, all’incontro Una stanza tutta per noi, la scrittrice Claudia Durastanti ha ammesso con feroce onestà di aver dovuto lavorare a lungo per smettere di desiderare di imparare a «scrivere bene come un uomo». E lo ha detto una che con il romanzo La straniera ha corso nella cinquina dei finalisti del premio Strega due anni fa.

Ma non c’è solo lei. Ieri sei autrici affermate (oltre a Durastanti c’erano anche Cristina Cassar Scalia, Donatella Di Pietranton­io, Lia Celi, Alessandra Sarchi e Ilaria Gaspari, con le parole e la musica di Serena Ganci) non hanno nascosto quel tratto sfuggente che fa da nerbo alla forza: la fragilità. O l’emotività, nota troppo a lungo etichettat­a con disprezzo come «da donna». Ma tutte erano emozionate, così come lo erano le cinque autrici esordienti, finaliste del concorso di LetteraFut­ura, la fellowship che sostiene le scrittrici alla prima opera. Frutto dell’alleanza tra la casa editrice Solferino, il festival InQuiete e il Tempo delle Donne, il progetto accompagna la crescita di un’autrice, dalla pubblicazi­one del romanzo alla sua promozione. Su tutto, una domanda: ha senso parlare di scrittura «femminile»? Durastanti, che ha appena preso la guida de La Tartaruga (casa editrice che pubblica solo donne) ha una risposta semplice e profonda: «Sarà perché per tanto tempo sono state in minoranza, io vedo un grande fermento tra le autrici, i libri più belli che ho letto nell’ultimo periodo sono scritti da donne».

Anche se alcuni territori continuano ad essere prerogativ­a maschile, come il giallo. Cristina Cassar Scalia è tra quelle che sono riuscite a varcare questo confine presidiato, pur ammettendo «non è stato facile. Ma da medico — ha aggiunto — posso dire che la scrittura è terapia, anche per acquisire più sicurezza». Ogni scrittrice «famosa» ha letto un brano scritto dalle esordienti (Giulia Gadaleta, Valeria La Rocca, Elisabetta Maurutto, Rita Pugliese e Rossella Scialla) e Lia Celi, famosa per i suoi scritti brillanti e umoristici ha invitato le donne a non «ferire con le parole altre donne, altrimenti diventiamo noi stesse delle femminicid­e». E se Donatella Di Pietranton­io ha raccontato di aver imparato, col tempo, «ad affilare gli artigli» per difendersi lungo sentieri tortuosi, Alessandra Sarchi ha messo l’accento sulla necessità di elaborare uno stile molto personale, il più possibile vicino a quello che una donna sente.

Anche se si viene tacciate di emotività o leggerezza, specie se chi scrive è una filosofa e dunque una saggista: però Ilaria Gaspari (che ha chiuso l’evento), famosa per i suoi testi di filosofia raccontata con ironia, vince lo stesso. Volando in classifica.

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Claudia Durastanti, Roberta Scorranese e Rita Pugliese

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