LA SCARSA FIDUCIA USA NELLE SCELTE AMBIGUE DI PARIGI E BERLINO
Autonomia strategica o ambiguità strategica? L’Europa dovrà rispondere alla domanda, dopo l’accordo militare tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia (Aukus) in funzione di contrasto all’espansionismo cinese che consentirà a Canberra di dotarsi tra l’altro di almeno otto sommergibili nucleari. L’irritazione francese per essere stata soppiantata nella fornitura, del valore di decine di miliardi, è comprensibile ma è più un problema commerciale di Parigi con l’Australia che una «coltellata alla schiena» da parte americana, come l’ha definita il ministro degli Esteri transalpino Jean-Yves Le Drian e come la Francia fa intendere con il richiamo dei suoi ambasciatori da Washington e Canberra.
In seguito all’accordo Aukus, molti commenti hanno sostenuto che si tratta dell’ulteriore prova del fatto che di Washington noi europei non ci possiamo più fidare, nemmeno dopo Donald Trump e con Joe Biden alla Casa Bianca. Forse, però, l’inatteso sviluppo australiano racconta che è Washington a fidarsi meno dell’Europa e, pur ribadendo l’importanza del rapporto con Parigi, agisce di conseguenza. Proprio il presidente francese Emmanuel Macron, il primo sostenitore della necessità di un’autonomia strategica della Ue in tema di politica estera e di difesa, ha accompagnato l’idea sostenendo che la Nato è «cerebralmente morta», ha aperto alla Russia di Putin con zero successo, ha immaginato una strategia francese nell’Indo-Pacifico slegata da quella degli alleati. Per parte sua, l’altro potere forte della Ue, Berlino, mostra un’ambiguità quasi storica a favore della Cina: le alleanze politiche e militari passano in secondo piano di fronte alla politica commerciale nazionale perseguita da Angela Merkel che vede nel mercato del gigante asiatico una priorità per l’economia tedesca. L’accordo sugli investimenti tra Ue e Cina voluto dalla cancelliera di fretta nelle ultime ore del 2020, quando la Germania aveva la presidenza di turno della Ue, è finito nella sabbia ma ha mandato un segnale inequivocabile su dove batte il cuore di Berlino. Ora c’è chi lo chiama Merkantilismo. È vero che prima Trump e ora Biden non hanno mostrato grande interesse a coinvolgere gli europei nelle decisioni importanti e lontane dal Vecchio Continente: si è visto ora con l’accordo Aukus e lo si è visto in Afghanistan. E certamente gli Stati Uniti hanno perso il pieno controllo della loro egemonia globale, forse anche la bussola di una politica estera chiara. Ma vedono le inconsistenze su questo lato dell’Atlantico. Proteste e indignazione per non essere tenuti in conto non coprono le ambiguità delle cancellerie europee.