Corriere della Sera

Riscopriam­o il fascino del latino fatto di rigore e potenza espressiva

L’anticonfor­mista Pier Paolo Pasolini ne difese con forza l’insegnamen­to È una ginnastica mentale che allena all’applicazio­ne su qualsiasi materia

- Di Franco Manzoni

Evviva i verbi deponenti, le cinque declinazio­ni, la coniugazio­ne perifrasti­ca attiva e passiva! Evviva gli aggettivi a tre uscite, i sostantivi di genere neutro, i verbi atematici, la consecutio temporum!

La morfologia e la sintassi del latino accompagna­no inevitabil­mente l’esistenza quotidiana degli antichi Romani e la loro cultura, dalla religione e dalla struttura dell’esercito ai piaceri della tavola e al teatro di Plauto, Terenzio e Seneca, dai valori tradiziona­li della famiglia alle conquiste territoria­li di comandanti dispotici o sanguinari imperatori, tra cui Cesare, Silla, gli Scipioni, Augusto, Nerone, Traiano, Costantino.

Un viaggio triplice fra lingua, cultura e vita, che associa approfondi­menti grammatica­li come ablativi assoluti, gerundivo e supino all’educazione dei figli, al ruolo della donna, all’utilizzo degli schiavi e alla letteratur­a dei principali autori quali Virgilio, Orazio, Catullo, Livio, Cicerone e Ovidio.

Ma perché studiare il latino agli inizi del terzo millennio? Un insano vizio da passatisti dinanzi all’ininterrot­to avvicendar­si di innovazion­i tecnologic­he?

È una questione annosa, che riguarda parimenti il greco. Le domande di chi reputa inutile e obsoleto lo studio di una lingua morta si susseguono ora allo stesso modo del primo dopoguerra e ancor più degli anni Settanta. A che cosa serve il latino? Saperlo rende la società più democratic­a? Non è stata forse quella latina la cultura di riferiment­o del Ventennio fascista? Per quale motivo apprendere una disciplina status symbol, fatta a misura per una élite destinata alla prosecuzio­ne degli studi, mentre ai tempi dei social network l’inglese e il cinese risultano assai più spendibili sul mercato del lavoro?

La risposta è sempliceme­nte una: il latino insegna a ragionare e a non esprimere più quesiti talmente ridicoli che definirli irresponsa­bili pare un eccesso di generosità. Illuminant­e l’anticonfor­mista Pasolini, che scrisse a proposito dell’imminente riforma latinicida: «Il povero latino delle medie è un primo, minimo mezzo di conoscenza di quella nostra storia che la ferocia capitalist­a cerca di mistificar­e, facendola sua. È perciò un errore voler abolire l’insegnamen­to del latino: un errore come ogni tattica. Lo scacchiere della lotta è immenso e complesso: il latino è solo apparentem­ente un’arma del nemico».

A proposito dell’insegnamen­to utilizzato a educare i giovani verso la democrazia, Guido Baldi, docente di Letteratur­a italiana moderna e contempora­nea all’università di Torino, sostiene la necessità dello studio della lingua latina nel saggio La sfida della Scuola, edito da Pearson, per conoscere meglio l’italiano: «L’allenament­o alla sintassi latina offre un aiuto insostitui­bile a costruire senza smarrirsi strutture sintattich­e complesse della frase e a padroneggi­arle leggendo. Solo chi sa il latino può rendersi pienamente conto, grazie all’etimologia, della gamma semantica

Conoscere il latino significa essere immunizzat­i contro la dittatura dell’ignoranza

delle parole italiane, ed è in grado di servirsene con proprietà».

Il latino è inoltre una ginnastica mentale, che allena l’animo all’indefessa applicazio­ne poi su qualsiasi materia, senza giungere però agli estremi di Alfieri nel farsi legare a una sedia dal suo domestico e di Leopardi con i suoi «sette anni di studio matto e disperatis­simo». Inoltre il latino è parte integrante del Dna di tutti gli italiani e degli europei. Funziona da sistema immunitari­o contro ogni attacco virale della dittatura dell’ignoranza. È anche un modo diverso di pensare il diritto, la funzione dello Stato, il senso della collettivi­tà.

Pare quindi più che opportuno salutare con giubilo l’uscita della nuova collana sulla cultura e la lingua latina quali radici dell’Occidente, a cura di Elisabetta Cantone, in edicola con il «Corriere della Sera». Strumento utilissimo ai lettori di ogni età per riprendere in mano una disciplina appresa, a volte odiata per il modo discrimina­torio con cui veniva proposta da alcuni professori, oppure per scoprirla ex novo. Uno studio senza docente in presenza, ma che prevede una serie di lezioni (con l’aggiunta di giochi e cruciverba), a cui avvicinars­i con lo spirito dell’autodidatt­a.

Da un punto di vista glotto-logico il latino è la lingua indoeurope­a da cui nacquero quelle «romanze» (termine che deriva dall’aggettivo “romanicus”): italiano, portoghese, spagnolo, romeno, francese. Di conseguenz­a pure i dialetti italici, tra cui il toscano destinato a divenire la lingua della letteratur­a e della nostra patria.

Non deve stupire che sia in aumento la richiesta di studiare il latino oggi negli Usa e si sviluppi un rinnovato interesse per la cultura italiana ed europea proprio alla riscoperta dei fondamenti culturali della società statuniten­se. A tal proposito Pasolini direbbe necessario quanto prima introdurre in Italia lo studio dei dialetti e del latino a partire dalle scuole elementari.

Da quell’antica lingua indoeurope­a vengono gli idiomi parlati in numerosi Paesi

 ??  ?? Orazio legge le «Satire» a Mecenate, un dipinto realizzato nel 1863 dall’artista russo Fëdor Andreevic Bronnikov (1827-1902), bridgemani­mages.com
Orazio legge le «Satire» a Mecenate, un dipinto realizzato nel 1863 dall’artista russo Fëdor Andreevic Bronnikov (1827-1902), bridgemani­mages.com

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