Cattelan: ansia e sogni agitati prima del debutto su Rai1
«Se faccio il 3% di share sono felice, è il doppio di quello che faccio di solito. Però magari in Rai non la prendono benissimo». Alessandro Cattelan disinnesca con l’arma dell’ironia l’ansia da prestazione. Dopo anni di voci, uscito dalla comfort zone della pay tv e di X Factor, approda sulla tv generalista con un doppio appuntamento (Da Grande, domani e domenica 26 su Rai1). Adesso assicura di non essere preoccupato perché «le prove mi hanno fatto capire che stiamo facendo un bel lavoro», ma questi mesi non sono stati semplici: «Mi vantavo molto di essere antiproiettile, inscalfibile, ma ho passato un’estate brutta: avevo l’ansia, facevo fatica a respirare, dormivo male».
Da Grande si presenta come un varietà tradizionale aggiornato ai nostri tempi, una cifra che «mescola musica, intrattenimento, divertimento e riflessione», interviste, monologhi e ospiti (nella prima puntata Argentero, Blanco, Bonolis, Antonella Clerici, Carlo Conti, Elodie, Il Volo, Mengoni). Un’operazione — spiega il direttore di Rai1 Stefano Coletta — virtuosa per entrambi: «Per Alessandro è un’occasione di popolarità; per la Rai rappresenta l’opportunità di aggiungere un linguaggio e un corredo visual nuovi al suo patrimonio». Un debutto sulla tv di Stato che sembra destinato a non rimanere un unicum: «Stiamo parlando anche di altri eventi, a cominciare dalla conduzione dell’Eurovision», ammette ancora Coletta.
Le pressioni Cattelan le divide a metà: «Ci saranno due tipi di analisi: una sul prodotto, l’altra sui dati Auditel. Io so che la qualità del programma dipende da me, mentre per gli ascolti entrano in gioco anche fattori che non posso controllare e poi tutto si riassume in due onomatopee: o boom o flop».
Cattelan svicola sul paragone con Fiorello (anche perché improprio, al momento fanno due mestieri diversi) ma riflette sulla tv di oggi: «Per nessuno della mia generazione è possibile avere un impatto come chi è cresciuto nella televisione dove non c’era concorrenza: al di là della bravura di certi personaggi, l’offerta era minima e tutti prima o poi ti incrociavano. Oggi ci sono più canali, dunque più opportunità, ma anche più competizione». Non ama i social («ci stanno rendendo distratti e stupidi: troppo appiattimento e sintesi esagerata»), gli sfugge la frase che forse non dovrebbe dire («mi sento uno da seconda serata»), trova un buon motivo per guardare il programma: «È la prima trasmissione da tre anni a questa parte in cui non c’è Orietta Berti».