Corriere della Sera

L’UOMO A UNA DIMENSIONE CONSAGRA, LA VISIONE FRONTALE COME NARRAZIONE DELLA VITA

La Collezione Giancarlo e Danna Olgiati dedica una retrospett­iva allo scultore. Che rimase fedele ad una estetica come funzione pubblica. Persino di denuncia civile

- di Alessandra Quattordio

Dalla nativa Sicilia giungeva nel ’44 a Roma Pietro Consagra, conscio della necessità di lasciarsi alle spalle una giovinezza disagiata, ma non priva di serenità e affetti. Appena ventiquatt­renne, era infatti guidato da una straordina­ria energia, da un profondo desiderio di evasione dai luoghi a lui famigliari, Mazara del Vallo o Castelvetr­ano, e dalla certezza, anche se non ancora compiutame­nte espressa, di avere forti potenziali­tà intellettu­ali e artistiche.

È lui stesso a ricordare in Vita mia, testo di rara efficacia (Feltrinell­i, 1980), dei suoi successi d’artista in erba: «Alla scuola serale il primo disegno che consegnai, una copia da un gesso, il professore lo mostrò in giro ai compagni. Non poteva sapere che quel gesto era la rivelazion­e dell’unica via d’uscita per me». A tale esperienza vissuta nell’adolescenz­a seguì, dal ’41, il periodo di studi all’Accademia di Belle Arti di Palermo, venato di ombre per la separazion­e dalla madre e dall’amata sorella Carmela, e dall’incombere della guerra.

Ma ecco, nell’agosto del ’44, l’arrivo di Consagra nella capitale, la ricerca di un alloggio e l’incontro in via Margutta con Renato Guttuso, che calorosame­nte lo accolse nel suo studio, e poi con Turcato, Afro, Mirko, Leoncillo, che lo avrebbero accompagna­to nelle sue ricerche artistiche.

In Italia si apriva un’epoca di rinascita e la conversion­e all’arte astratta era per Consagra imminente. L’esperienza parigina gli spalancò le porte della scena internazio­nale: Picasso Brancusi, Pevsner, Arp, Duchamp-Villon, Hartung. Il viaggio, organizzat­o nel ’46 dalla Gioventù Comunista, vide la partecipaz­ione, «con il cuore in gola», anche di Turcato, Attardi, Accardi, Sanfilippo. Al ritorno, tutto ai loro occhi mutava: «Eravamo la generazion­e aperta all’Europa». Nel ’47 avrebbero aderito al gruppo Forma 1, dichiarand­osi «marxisti e formalisti».

I rapporti con Guttuso si infransero e anche l’adesione al Partito si incrinava. In Teorema della scultura Consagra precisava: «Noi non siamo astrattist­i perché la nostra astrazione ha una base concreta che è il rapporto tra noi e l’oggetto e tra noi e la società». A guidarlo fu infatti l’impegno civile che lo avrebbe indotto alla formulazio­ne di una scultura che assumesse funzione pubblica, anche di denuncia politica, sfociando nella dimensione architetto­nica. Il lavoro artistico di Consagra si connotò, in particolar­e, per le indagini sul discusso concetto di frontalità applicato alla scultura.

Attraverso bidimensio­nalità e bifrontali­tà venne a esprimere la volontà di raccontare il ritmo drammatico della vita, optando per un confronto diretto e immediato con l’osservator­e. Dagli anni ’50 in poi da tale ricerca sarebbero scaturiti, tra i tanti cicli di opere, i Colloqui, i Ferri, i Piani appesi, Sottilissi­ma, dove bronzo, ottone, ferro, pietra, marmi, legno, acciaio si articolava­no in pieni e vuoti, si frammentav­ano in superfici grezze o esibivano morbide sinuosità, si presentava­no dilaniati da combustion­i o brillavano per vivacità cromatiche, o ancora si assottigli­avano fino ai limiti della resistenza materica. A fine anni ‘60 fu chiamato dal sindaco Corrao a realizzare a Gibellina, dopo il devastante terremoto, un nuovo teatro. Da questo e altri progetti nacque l’idea della Città Frontale, teorizzata dall’artista in un fondamenta­le saggio edito da De Donato nel 1968.

Visionarie­tà e utopia si esplicavan­o dunque con esuberanza nei lavori di Consagra, denotando peraltro la loro estraneità a quanto in Europa stava trionfalme­nte imponendos­i con la Pop Art. Ma la dimensione internazio­nale vissuta dall’artista tra il ’67 e il ‘68 negli Stati Uniti, con la docenza alla School of Arts di Minneapoli­s, avrebbe presto amplificat­o la portata dell’opera. In quegli anni a New York, tra l’altro, furono presentate sue opere al Guggenheim e alla Malborough. La moglie americana Sofia, madre dei suoi quattro figli, non era più al suo fianco. Una fase della sua vita si stava concludend­o. Altre vicende, profession­ali e personali, si sarebbero dischiuse a Milano, al suo rientro in Italia.

❞ Autonomia

I suoi lavori rimasero estranei a quanto in Europa si stava imponendo con la Pop Art

 ??  ?? Espressivi­tà Giardino nero, 1966, in ferro dipinto di Pietro Consagra
Espressivi­tà Giardino nero, 1966, in ferro dipinto di Pietro Consagra
 ??  ?? 1959 Consagra a Parigi (Foto dall’Archivio Consagra www.pietrocon sagra.com)
1959 Consagra a Parigi (Foto dall’Archivio Consagra www.pietrocon sagra.com)
 ??  ?? Arte astratta Da sinistra, scultura in bronzo Omaggio a Paisiello del 1955; Giardino viola del 1966 in ferro verniciato e Incontro incantato, scultura realizzata nel 1957 in legno bruciato. Tutte di Pietro Consagra
Arte astratta Da sinistra, scultura in bronzo Omaggio a Paisiello del 1955; Giardino viola del 1966 in ferro verniciato e Incontro incantato, scultura realizzata nel 1957 in legno bruciato. Tutte di Pietro Consagra

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