Corriere della Sera

Dublino, il porto delle nebbie dei casi social

Il garante della Privacy pronto a intervenir­e a tutela dei minori. Ma è bloccato da regole Ue

- Di Federico Fubini e Martina Pennisi

TikTok e i minori: nessuna verifica dell’età. È guerra per la tutela dei diritti contro il social con sede a Dublino. Il garante della privacy è pronto a intervenir­e bloccato però da regole Ue.

Chi scrive ha aperto ieri sera un profilo su TikTok affermando di avere 13 anni, compiuti proprio ieri. Nessuna verifica dell’età è stata tentata da parte del social network cinese la cui società di controllo, Byte Dance, vede il governo di Pechino detenere un terzo dei posti in consiglio d’amministra­zione. Oggi chiunque può iscriversi in pochi secondi dichiarand­o meno della propria età oppure molto di più, come è avvenuto negli ultimi anni a bambini anche di soli cinque anni. Del resto tutti i dati personali — si legge nell’informativ­a ufficiale della app — «saranno trasferiti e archiviati in una destinazio­ne al di fuori dello Spazio Economico Europeo» che resta imprecisat­a: il mistero riguarda almeno dodici milioni di profili attivi in Italia e molte altre decine di milioni nel resto d’Europa, in buona parte di minorenni.

Nessuno oggi nel vecchio continente sa dire dove finiscono le informazio­ni relative a questi utenti, affidate a un’azienda nel cui capitale in aprile scorso il governo di Pechino è entrato senza annunciarl­o (la notizia è trapelata solo in agosto da Hong Kong). Sul fatto poi che i dati vengano trattati nel rispetto della privacy previsto dalla legge europea, i regolatori sono costretti ad affidarsi alle sole rassicuraz­ioni dell’azienda.

È su questo sfondo che si sta consumando fra l’Italia e l’Irlanda una partita la cui posta è la tutela di una generazion­e di bambini e adolescent­i. Quest’anno TikTok ha scelto come «sede principale» in Europa un ufficio al porto di Dublino e ha reso così l’autorità irlandese il «regolatore guida» in tutte le questioni europee che la riguardano, in base al Regolament­o generale sulla protezione dei dati in vigore nell’Unione (Gdpr). Poco importa che le contestazi­oni, in questo caso, arrivino dall’Italia: mesi fa un intero dossier relativo alle accuse a TikTok che sono state mosse dal Garante della Privacy di Roma è stato trasferito in Irlanda, dove resta in attesa di decisioni.

Se in superficie niente sembra accadere, le tensioni su questo dossier sono sempre più evidenti sotto la cenere. La Data Protection Commission di Dublino è circondata da una sfiducia crescente. Alcuni la accusano di essere una sorta di «Porto delle nebbie» digitale, nel

Oggi chiunque può iscriversi dichiarand­o meno della propria età oppure molto di più

quale le contestazi­oni alle piattaform­e del Big Tech finiscono insabbiate o liquidate con sanzioni minime. Negli ultimi mesi le multe decise in Irlanda contro Twitter e Whatsapp sono state considerat­e insufficie­nti e corrette drasticame­nte al rialzo dagli altri regolatori europei. Questa settimana l’Irish Council on Civil Liberties ha pubblicato un rapporto in cui documenta come il 98% dei casi rilevanti europei riferiti all’autorità irlandese sia rimasto irrisolto. E a fine aprile anche la commission­e Giustizia del parlamento irlandese ha criticato l’operato della Data Protection Commission, sospettata di esercitare una vigilanza morbida per attrarre gli investimen­ti delle Big Tech nel Paese: oggi hanno la «sede principale» europea a Dublino, fra gli altri, Twitter, Facebook, Instagram, WhatsApp, Google, YouTube e anche LinkedIn.

La questione fra l’Italia e TikTok resta dunque aperta. Sembra però molto probabile che il Garante della Privacy avrebbe già multato duramente il social network, se il caso fosse rimasto a Roma. Dapprima l’autorità ha ottenuto la creazione di una task force di regolatori europei concentrat­a sul social network cinese. Poi fra dicembre e gennaio scorso il Garante ha contestato a TikTok una scarsa attenzione nella tutela dei minori, ha accusato

La Data Protection Commission irlandese è circondata da una sfiducia crescente

la piattaform­a di rendere facilmente aggirabili i divieti d’iscrizione dei bambini e ha sottolinea­to l’opacità nelle informazio­ni fornite agli utenti.

Quindi il Garante è passato all’azione: ha bloccato TikTok dopo la morte di una bambina di Palermo di dieci anni, Antonella Sicomero, forse per un gioco pericoloso che potrebbe aver imparato sulla app che utilizzava regolarmen­te. Da allora la piattaform­a ha reagito chiudendo i profili di mezzo milione di bambini in Italia e ora sta negoziando con i regolatori in Irlanda.

Nel frattempo il Garante italiano ha aperto fascicoli per violazioni dei limiti d’accesso dei minori anche su Facebook e Instagram. Le piattaform­e capiscono perfettame­nte che gli inserzioni­sti sono disposti a pagare caro per i dati dei minori. Ma almeno per i casi dei social california­ni, il Garante per ora sta tenendo le indagini in Italia. Non le spedisce a Dublino.

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