Corriere della Sera

Bimbo giù dal balcone Fermato il domestico

Napoli, la vittima aveva 3 anni. L’uomo, in cura psichiatri­ca, nega di averlo lanciato

- di Fulvio Bufi

Samuele, il bimbo di 3 anni morto a Napoli precipitan­do dal balcone di casa sarebbe stato ucciso. Arrestato il domestico della famiglia, un 38enne con problemi psichici che si difende: l’ho preso in braccio ma non l’ho lanciato nel vuoto.

La scena della tragedia sembrava chiara nella sua drammatici­tà. Samuele, senza che la mamma se ne accorga, esce sul balcone di casa, al terzo piano di un antico palazzo del Rione Sanità. Ha con sé soltanto l’incoscienz­a dei suoi quattro anni non ancora compiuti. Ed è quell’incoscienz­a che lo fa arrampicar­e sulla ringhiera di ferro battuto, fin sopra e oltre, dove non c’è più niente a proteggerl­o, dove c’è soltanto il vuoto che lo lascia andare giù per venti metri.

Samuele muore subito. Il papà, che in quel momento è nel negozio di un parente proprio sotto casa, è tra i primi a correre verso di lui. La mamma, all’ottavo mese di gravidanza, ha un malore. Arriva un’ambulanza, poi la polizia, due volanti seguite da una squadra della Scientific­a. Cominciano i rilievi e la raccolta delle testimonia­nze.

E poco a poco la scena della tragedia, dalla apparente chiarezza si riempie di ombre nere. Come in un effetto dissolvenz­a sparisce l’incoscienz­a di Samuele, sparisce la fatalità, sparisce l’incidente imprevedib­ile.

E su quel balcone adesso c’è un uomo accanto a Samuele. Ha gli occhiali, la testa lucida senza nemmeno un capello.

Si chiama Mariano, Mariano Cannio, ha 38 anni. C’era pure lui in casa, venerdì mattina. Era andato a fare le pulizie, che è il suo lavoro e nel quartiere gira ogni giorno per parecchi appartamen­ti.

L’altra sera la polizia è andata a casa sua e lo ha arrestato. L’accusa è di omicidio, perché Samuele non si sarebbe arrampicat­o da nessuna parte, ma a buttarlo giù dal balcone sarebbe stato Cannio. Per quale motivo non si sa, però lui stesso qualcosa ha ammesso. Durante l’interrogat­orio ha detto «sì è vero, l’ho preso in braccio», però nega di averlo buttato giù e non sa riferire che cosa sia successo. La polizia però è convinta che dopo sia successo che lui ha lasciato cadere Samuele nel vuoto. E davanti al gip, che domani deciderà se convalidar­e o no il fermo, Cannio potrebbe cercare di ridare corpo all’ipotesi dell’incidente, quella che all’inizio sembrava l’unica sensata, sostenendo magari che il bambino gli sia sfuggito di mano. Oppure potrebbe tirar fuori, e chiedere che vengano messi agli atti, i documenti che attestano il suo quadro clinico, le cure in un centro di igiene mentale, la vecchia terapia sospesa e quella nuova non ancora cominciata. Certo il suo atteggiame­nto di venerdì, così come è stato ricostruit­o dagli investigat­ori, qualcosa di inspiegabi­le ce l’ha. Nella concitazio­ne dei momenti che seguono la tragedia lui non c’è, nessuno lo nota, nessuno ha memoria di averlo visto in strada disperarsi o comunque darsi da fare intorno al corpo del bambino. Eppure era nella sua stessa casa, fino a un minuto prima sicurament­e lo aveva visto giocare, ne aveva sentito la vocina. Poi Samuele precipita e Cannio non trova di meglio da fare che raccoglier­e le proprie cose e andarsene come se niente fosse successo, tornarsene a Forcella, il quartiere dove abita e che sta a specchio con la Sanità, due grandi aree che conservano la storia di Napoli divise soltanto dalla grande arteria di via Foria.

Eppure Mariano quel bambino lo conosceva bene, e conosce i suoi genitori e tutte quelle persone che mentre lui si allontana indifferen­te, stanno urlando, piangendo e disperando­si.

Però la sua non è una fuga, non scappa da nessuna parte. E quando la polizia si convince che Samuele non può aver scavalcato da solo la ringhiera e riparte quindi daccapo a ricostruir­e la scena nei momenti precedenti la tragedia, qualcuno si ricorda della presenza di Cannio e lo riferisce agli agenti. E in quel momento,

Nell’appartamen­to

«L’ho preso soltanto in braccio». Dopo la tragedia è uscito dalla casa ed è andato via

grazie al lavoro della Scientific­a e all’intuizione degli uomini della Squadra mobile, comincia un’indagine per omicidio inimmagina­bile fino a poco prima. Una indagine che dura il tempo necessario ai poliziotti per percorrere i due chilometri che separano il Rione Sanità da Forcella. E che porta direttamen­te a casa di Mariano Cannio. E finisce con lui in manette.

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Il povero Samuele (in
basso), aveva tre anni, ed è morto venerdì precipitan­do dal balcone del terzo piano della casa dove viveva con i genitori in via Foria nel centro storico di Napoli
Tragedia Il povero Samuele (in basso), aveva tre anni, ed è morto venerdì precipitan­do dal balcone del terzo piano della casa dove viveva con i genitori in via Foria nel centro storico di Napoli

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