Crisi dei sottomarini, Parigi minaccia «Per la Nato ci saranno conseguenze»
Persa la commessa del secolo. Il ministro Le Drian: Biden come The Donald ma senza Twitter
Per capire la rabbia della Francia contro Stati Uniti e Australia («crisi grave» che «influirà sul futuro della Nato»), il ritiro degli ambasciatori da Washington e Canberra, le accuse di «pugnalata alla schiena» e l’offesa a Biden — «si comporta come Trump ma senza Twitter» — bisogna tornare al 20 dicembre 2016 e alla evidente soddisfazione di Jean-Yves Le Drian, allora ministro della Difesa del presidente François Hollande.
Il bretone Le Drian, settantenne socialista di lungo corso, quel giorno coglie forse il più grande successo della carriera: ad Adelaide, in Australia,
firma con il premier Malcolm Turnbull il «contratto del secolo» per la fornitura alla marina australiana di 12 sottomarini d’attacco Shortfin Barracuda, poi denominati Attack, mostri lunghi 100 metri chiamati a tenere alla larga le forze cinesi, sempre più intraprendenti nel Pacifico.
Battendo la concorrenza tedesca e giapponese la Francia si assicura un appalto da 34 miliardi di euro (diventeranno col tempo 56), la creazione di 4.000 posti di lavoro nei cantieri di Cherbourg ma soprattutto stringe con l’Australia un’alleanza storica, ribadita con un secondo accordo nel 2019: i due Paesi accettano di legarsi per cinquant’anni e lavorare insieme nella — cruciale — area indo-pacifica.
«Indo-Pacifico» è un termine, oggi di moda, coniato dal Giappone nel 2007 ma usato dal presidente francese Emmanuel Macron solo nel 2018, primo in Europa. Si tratta dell’area che, nell’ottica francese, va da Gibuti e dalle isole Mayotte e Reunion nell’Oceano Indiano, vicino al Madagascar, fino alla Nuova Caledonia e la Polinesia francese, nell’Oceano Pacifico. Quasi due milioni di cittadini francesi vivono in questi territori disseminati negli oceani, che con 11 milioni di chilometri quadrati di mare danno alla Francia la seconda zona economica esclusiva più estesa al mondo (dopo quella degli Stati Uniti). Quel che è più importante, l’area indo-pacifica è il terreno di gioco della partita per il dominio mondiale, alla quale partecipano la Cina, gli Stati Uniti e i loro alleati. Per la Francia essere forti in quest’area significa difendere i propri concittadini, senza dubbio, ma anche darsi una proiezione e un respiro globali, non ristretti all’Europa.
Sin dall’inizio quindi, dalla fine del 2016, il contratto dei sottomarini è una questione di forniture militari e appalti ma anche di politica internazionale: dopo la vendita dei caccia Rafale all’India nel 2015, i sottomarini Barracuda all’Australia sembrano completare il cerchio e assicurare alla Francia una posizione da protagonista. Il ministro Le Drian trascorre felice il Natale 2016, ma presto arrivano i primi problemi concreti. L’accordo è molto complesso perché prevede un trasferimento di tecnologie e un parziale assemblaggio nei cantieri australiani di Adelaide. Poi, la società Naval Group (di cui lo Stato francese è il maggiore azionista) è chiamata a modificare i sottomarini Barracuda: mossi in origine da un reattore nucleare, nella versione australiana devono avere una propulsione diesel perché così richiedono le autorità di Canberra. È un modo per avere più libertà di movimento, perché la vicina Nuova Zelanda non consente l’ingresso nelle proprie acque territoriali ai sottomarini nucleari, ma questa modifica allunga i tempi e i costi. Commesse di questa importanza conoscono spesso ritardi e incidenti di percorso, ma alle difficoltà industriali si sommano novità politiche.
La Cina si fa più intraprendente e minacciosa, la propulsione convenzionale inizialmente chiesta dalla stessa Australia si rivela insufficiente, i vantaggi militari del reattore nucleare — immersioni più lunghe e quindi maggiore raggio d’azione — diventano decisivi. I francesi lo capiscono e più volte, secondo quel che si dice ora a Parigi, sondano Canberra, ma non ottengono risposta perché, ancora una volta, la faccenda non è solo tecnico-militare.
L’America è tornata, dice il presidente Biden: magari non in Afghanistan, ma di sicuro nell’area indo-pacifica al cuore della competizione mondiale. Dopo le esitazioni di Obama e le tentazioni isolazionistiche di Trump, è l’America di Biden a offrire all’Australia sottomarini a propulsione nucleare — rompendo un tabù perché finora nessuna nazione nucleare li
l contratto è una questione di forniture militari ma anche di politica internazionale
aveva venduti a una nazione non nucleare — aggiungendo i missili Tomahawk e soprattutto un’alleanza globale. Il patto Aukus tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti, studiato per 18 mesi e annunciato tre giorni fa, sancisce l’intesa fra tre grandi Paesi anglosassoni, e relega la Francia al ruolo di comprimario nella regione. E dire che il 30 agosto scorso, alla riunione interministeriale con la Francia, l’Australia ancora faceva finta di niente.
Jean-Yves Le Drian, oggi ministro degli Esteri, è furibondo. Dice che «tra alleati queste cose non si fanno», e forse non ha tutti i torti.