Corriere della Sera

«Volevano uccidere il figlio di Gratteri»

A rivelarlo un nuovo pentito di ’ndrangheta. «I clan in allarme per una sua nomina a ministro»

- DAL NOSTRO INVIATO Carlo Macrì

Tutto era stato progettato da alcuni esponenti della ‘ndrangheta della Locride, nonostante fossero richiusi da tempo in carcere. L’idea era quella di uccidere uno dei figli di Nicola Gratteri, Procurator­e della Repubblica di Catanzaro. In una maniera inusuale: doveva sembrare un casuale incidente stradale.

La notizia è stata riferita da un nuovo collaborat­ore di giustizia, Antonio Cataldo,57 anni, esponente dell’omonimo clan di Locri. Antonio figlio di Michele e nipote di Pepè e Nicola Cataldo, due boss carismatic­i, ha deciso di saltare il fosso dopo una condanna a otto anni rimediata con rito abbreviato al processo «Mandamento Ionico». Da alcune settimane sta riempiendo pagine di verbali e già mercoledì prossimo potrebbe essere sentito dai magistrati nel corso dell’udienza del maxiproces­so «Riscatto - Mille e una notte», in corso davanti al tribunale di Locri.

In realtà, però, già diversi anni fa la notizia del piano per uccidere uno dei figli del magistrato era stata intercetta­ta nel corso di un’indagine sulle cosche della Locride. Più recentemen­te, nel 2016, un altro pentito, Maurizio Maviglia, esponente di un clan di Africo, aveva svelato un altro tentativo per uccidere uno dei figli di Gratteri.

Alcuni individui, infatti, riuscirono ad intrufolar­si qualifican­dosi come poliziotti nello stabile, a Messina, occupato dal figlio dell’allora procurator­e aggiunto di Reggio Calabria. I finti poliziotti riuscirono a farsi aprire dal ragazzo, ignaro di tutto. Una volta dentro i due presero l’ascensore per raggiunger­e il terzo piano dove si trovava l’appartamen­to del giovane universita­rio. Il figlio del magistrato attese il loro arrivo sull’uscio. Quando però, l’ascensore si fermò il ragazzo notò che dentro c’erano due persone mascherate con passamonta­gna. Con freddezza rientrò in casa, si barricò e chiamò il padre.

Nei mesi scorsi Antonio Cataldo, nel corso delle sue deposizion­i, ha rilanciato la possibilit­à di un agguato, sostenendo di averlo saputo in carcere, nel 2013 da Guido Brusaferri, altro esponente della ‘ndrangheta locrese con il quale ha diviso la cella.

In particolar­e al magistrato della distrettua­le di Reggio Calabria Antonio Calamita che l’ha interrogat­o Antonio Cataldo ha riferito che si parlava di questo progetto nelle ore d’aria, e ha puntualizz­ato anche temporalme­nte il periodo. «I clan si sono allarmati quando il nome del procurator­e Nicola Gratteri era stato indicato come possibile ministro della Giustizia» ha raccontato ai magistrati Cataldo. Precisando: «I clan, tutti, temevano delle ... dei processi... e leggi più ferree. C’era un allarme generale».

La collaboraz­ione di Antonio Cataldo, potrebbe aprire scenari inediti nel panorama della criminalit­à organizzat­a della Locride. Tanti sono i delitti rimasti impuniti negli ultimi 20 anni. E, soprattutt­o, il nuovo collaborat­ore di giustizia potrebbe rivelare particolar­i anche su omicidi eccellenti, come quello del vice presidente del Consiglio regionale della Calabria Francesco Fortugno, ucciso nel 2005 a Locri.

Il precedente

Nel 2016 ignoti, travestiti da poliziotti, entrarono nello stabile dove viveva il giovane

Per anni i Cataldo si sono fatti la guerra con i Cordì, altra cosca di Locri. Decine sono stati i morti. Poi la pace, siglata in nome degli affari e di una possibile spartizion­e di lucrosi progetti imprendito­riali e anche interessi nel settore pubblico.

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(Afp) Procurator­e Nicola Gratteri, 63 anni, dall’aprile 2016 è Procurator­e della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro. Dal 1989 vive sotto scorta

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