Corriere della Sera

La giustizia verso la riforma «Al centro resta la persona, nessuno è solo un numero»

Milano, la ministra Cartabia al «Festival dell’Umano»

- di Elvira Serra

Il carcere

«Quando una madre partorisce all’interno di un carcere c’è qualcosa che non è umano»

Le donne

«Dove non ci sono donne la giustizia è più povera, senza di loro manca qualcosa»

La Giustizia che ha in mente non ha la benda, ma mille occhi. «Per acuire la sua capacità di vedere, affinché il suo sguardo arrivi sempre alle persone, sia da una parte che dall’altra». È la sfida che vinse Atena, istituendo l’Aeropago, «in cui si passa dal restituire il male all’ascoltarsi», e trasforman­do infine le Erinni in Eumenidi, divinità della giustizia e non della vendetta. Ed è la lezione dei Miserabili di Hugo, quando l’ispettore Javert si getta nella Senna. «Il suo atteggiame­nto è cambiato quando ha visto l’umanità di Jean Valjean, che non è solo ladro e malfattore».

Con immagini efficaci la guardasigi­lli Marta Cartabia ha parlato della sua idea di giustizia nell’epoca di una tecnologia sempre più veloce. «La tecnologia è un’alleata straordina­ria», ha risposto al direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana durante il Festival dell’Umano che si è svolto ieri a Milano al Museo della Scienza e della Tecnologia, promosso dall’associazio­ne «Io Sono» fondata da Andrea Pezzi, Cristiana Capotondi e Carlo De Matteo. Ma, ha aggiunto la ministra, resta «fondamenta­le il fattore umano, imprevedib­ile, che è anche causa di errore, ma dà vita a una giustizia che guarda negli occhi la persona e la prende in consideraz­ione non come un numero».

Senza entrare nel merito della riforma della giustizia, di cui ha anticipato solo i temi di due capitoli — uno sulla «giustizia riparativa» e l’altro sullo «status delle vittime nel processo» — Cartabia ha affrontato molti argomenti. Il carcere? «Se non sappiamo dire che cos’è un carcere umano, allora andiamo a vedere e proviamo a dire che cos’è un carcere disumano e partiamo da lì. Quando una madre partorisce in carcere c’è qualcosa che non è umano». La rieducazio­ne parte da piccoli gesti. «Consentire un colloquio, proporre un’attività, può far scattare la scintilla. Sentire gli ergastolan­i recitare Dante e concludere “e quindi uscimmo a riveder le stelle” ti fa venire i brividi».

Sulla richiesta di estradizio­ne dalla Francia degli ex terroristi: «Ci si chiede che senso abbia dopo 40 anni insistere con le estradizio­ni, ormai hanno vissuto la loro vita. Ma l’esigenza della verità è intramonta­bile». Sulla questione di genere: «Dove non ci sono donne la giustizia è più povera. Non perché debbano esserci quote. La società è plurale: se manca lo sguardo femminile manca qualcosa». Sull’Afghanista­n: «Sono stati anni molto belli di cooperazio­ne con le istituzion­i afghane per la costruzion­e di uno stato di diritto. Tra protagonis­ti di questa costruzion­e c’erano donne di grande coraggio e straordina­ria dedizione. Ora rischiano tantissimo. L’Italia ha portato fuori circa 5.000 persone. Salvare loro significa anche salvare la memoria, la possibilit­à che quel patrimonio di valori non vada perduto».

L’intervista ha aperto i lavori del pomeriggio, dove si sono succeduti confronti su ontologia, etica ed estetica. Monsignor Vincenzo Paglia ha raccontato di quando il successore di Bill Gates gli chiese di «accompagna­rli nel loro lavoro di ricerca e sperimenta­zione in Microsoft» perché, disse, «abbiamo bisogno di conoscere dei limiti». Il genetista Edoardo Boncinelli ha chiarito che «la paura ci fa sbagliare: quando arriva la paura, l’uomo se ne va». Si è discusso di etica nella finanza (anche) con Umberto Ambrosoli. E il rettore della Statale di Milano Elio Franzini ha parlato del ritorno in aula, della bellezza del sentire, degli odori, laddove il professore di biologia molecolare Carlo Ventura ha ricordato la meraviglia dell’invisibile.

«È stata una prima edizione meraviglio­sa e ora stiamo pensando anzitutto a rafforzare il rapporto con le università e poi a una produzione cinematogr­afica per raccontare questa nostra identità: penso a persone come Faggin, eccellenza in America che rende migliore l’Italia», commenta alla fine Andrea Pezzi, presidente di «Io Sono». «Il dono italiano è la nostra naturale spontaneit­à verso l’umano».

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(Imagoecono­mica) Sul palco Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, e la ministra Marta Cartabia

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