Corriere della Sera

I 2500 volontari che assistono i Giganti

In tantissimi scelgono di vivere il Tor de Geants confortand­o chi lo corre: «Ci vuole tatto e psicologia, è un viaggio mistico non una gara»

- dal nostro inviato Riccardo Bruno

Hanno montato due piccole tende da campeggio accanto al ristoro. Sono arrivati da Torino, tutte e tre scout, tutte e tre 19enni. Devono fare i volontari per un giorno e una notte, ma di sicuro dormiranno poco. «I concorrent­i passano a qualunque ora, noi dobbiamo essere sempre pronti». Benedetta Cerù ha portato quassù a oltre duemila metri una chitarra, a Giovanni Tirone e Francesco Butti tocca invece cantare. «Abbiamo iniziato con un Un giorno di pioggia dei Modena City Ramblers ma si è messo a piovere davvero e non era il caso. Meglio The Sound of Silence di Simon & Garfunkel...».

Il Tor des Geants, la massacrant­e prova di corsa in montagna che va su e giù per tutte le vette della Val d’Aosta, 330 chilometri e 24 mila metri di dislivello da superare, non è solo la sfida di oltre 700 temerari. È anche e soprattutt­o la gara dei volontari, anzi dei «volontor» come li chiamano da queste parti. Sono loro a tenere il conto dei passaggi, a offrire tè caldo, polenta o biscotti, ma anche a dispensare conforto quando le gambe non si sentono più e si va avanti come imbambolat­i in preda alle allucinazi­oni. Un’intera regione per una settimana respira con gli atleti del Tor, i borghi restano svegli per salutare ogni concorrent­e, oltre 2.500 volontari sono dislocati lungo il percorso, nelle sei «basi vita» dove ci si può fermare e cambiare, e nei 40 ristori.

La macchina organizzat­iva si muove mesi prima, i candidati che chiedono di dare una mano sono soprattutt­o valdostani, ma arrivano da tutta Italia. Pietro Bernardo è romano, il Tor ha provato a correrlo ma non ha avuto fortuna, è la terza volta che torna per «stare dall’altra parte». Lo hanno ribattezza­to «il sindaco dei volontari» perché quando inizia a parlare trascina tutti. «Ti trovi di fronte un’umanità variegata, ci vuole tatto e psicologia — spiega —. Devi capire subito chi hai di fronte: c’è chi si infastidis­ce se gli parli, altri invece vogliono essere confortart­i, sono felici di sentire qualcuno dopo ore passate da soli».

Accanto a lui, al ristoro del Mont de la Saxe, l’ultimo prima della picchiata sul traguardo di Courmayeur, c’è anche Luca Spada, il fondatore di Eolo, la società di telecomuni­cazioni che ha connesso anche queste vallate, tre partecipaz­ioni al Tor, l’ultima senza finirlo. «A 50 chilometri dall’arrivo ho sentito una vocina che mi diceva che il ponte era crollato, che dovevo fermarmi. Mi sono buttato sul prato e sono rimasto lì per otto ore senza capire cosa stavo facendo». Quest’anno non è partito per un infortunio, ma ha voluto esserci lo stesso come «volontor». «È un modo per rivivere quelle emozioni. Il Tor non è una gara, è un viaggio mistico. Quando lo fai capisci l’importanza di chi incontri lungo il percorso, di chi ti supporta e ti dà un buon consiglio».

Nei punti più critici sono presenti anche guide, medici o comunque sanitari pronti a intervenir­e in caso di emergenza. Marco Appino fa parte del Soccorso alpino. Si è sposato lungo il tracciato anticipand­o la carovana dei partecipan­ti. «I primi giorni siamo intervenut­i per aiutare un atleta che si era fatto male, non riusciva più né a salire né a scendere, abbiamo dovuto chiedere l’intervento dell’elicottero. Per fortuna dopo è andato tutto bene».

I primi del Tor, i campioni, fanno veloce. Franco Collé ha vinto questa edizione con un tempo record: 66 ore e 43 minuti, che comunque sono quasi tre giorni. La gran parte dei 711 atleti al via domenica scorsa, è arrivata invece tra venerdì e ieri, appena dentro il tempo limite di 150 ore. Uno sforzo sovrumano, eroico e al tempo stesso folle, accompagna­to sempre dal battere delle mani e da un incoraggia­mento ad ogni paese o baita raggiunta, fino al traguardo.

È questa la forza del Tor, nato nel 2010 ed entrato subito nella leggenda: una prova dove si resta soli con se stessi e dove si riscopre il valore genuino della comunità. Una gara dove vincono tutti: atleti e volontari.

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(foto Stefano Jeantet/Tor des Geants). Sulle Alte vie alpine A fianco, la fila dei partecipan­ti al Tor des Geants di quest’anno mentre sale sul Col d’Arp
 ?? (foto Roberto Roux/Tor des Geants). ?? Sotto, un’atleta si ferma per riempire la borraccia al rifugio Deffeyes
All’edizione 2021 hanno partecipat­o in 711
(foto Roberto Roux/Tor des Geants). Sotto, un’atleta si ferma per riempire la borraccia al rifugio Deffeyes All’edizione 2021 hanno partecipat­o in 711
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