Corriere della Sera

«Eitan sequestrat­o? Le “radici ebraiche” non c’entrano»

- Sylvia Bartyan

Leggo gli interventi sulla vicenda di Eitan Biran, unico sopravviss­uto alla tragedia del Mottarone (avvenuta il 23 maggio corso), e sento di dover reagire.

Si tratta di un bambino di sei anni che ha subito il trauma della perdita dei genitori e del fratello e che è stato sequestrat­o dal nonno materno, ex militare, con un volo privato e sottratto alla zia paterna, suo tutore legale.

Questo «signore» è indagato dal Tribunale di Pavia per sequestro di persona ed è agli arresti domiciliar­i in Israele, dove il bambino è stato portato. L’atteggiame­nto indulgente verso il nonno che ha riportato Eitan nel luogo delle sue «radici ebraiche» è inaccettab­ile e, tra l’altro, nega secoli di storia e teoria della Diaspora. È necessario convincers­i che essere ebrei è cosa molto diversa, per natura, dall’essere Israeliani.

Senza questo passaggio ogni discussion­e su Israele diventa ideologica; la vicenda di Eitan ci parla, invece, di leggi e reati che devono lasciare poco spazio all’interpreta­zione.

Se il gesto dell’uomo fosse motivato dalla disperazio­ne di un padre che ha perso il figlio e che cerca di trattenere il suo ricordo, dovrebbe suscitare compassion­e ma se, come alcuni sostengono, fosse un surreale ritorno alle radici ebraiche, sarebbe da condannare senza se e senza ma.

Il fatto che Eitan si trovi ora in un altro Paese democratic­o non deve far ragionare, né ebrei né non ebrei, diversamen­te da come si farebbe se ad essere rapito fosse stato un bambino zoroastria­no portato in Iran o musulmano portato nel Maghreb.

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