«Eitan sequestrato? Le “radici ebraiche” non c’entrano»
Leggo gli interventi sulla vicenda di Eitan Biran, unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone (avvenuta il 23 maggio corso), e sento di dover reagire.
Si tratta di un bambino di sei anni che ha subito il trauma della perdita dei genitori e del fratello e che è stato sequestrato dal nonno materno, ex militare, con un volo privato e sottratto alla zia paterna, suo tutore legale.
Questo «signore» è indagato dal Tribunale di Pavia per sequestro di persona ed è agli arresti domiciliari in Israele, dove il bambino è stato portato. L’atteggiamento indulgente verso il nonno che ha riportato Eitan nel luogo delle sue «radici ebraiche» è inaccettabile e, tra l’altro, nega secoli di storia e teoria della Diaspora. È necessario convincersi che essere ebrei è cosa molto diversa, per natura, dall’essere Israeliani.
Senza questo passaggio ogni discussione su Israele diventa ideologica; la vicenda di Eitan ci parla, invece, di leggi e reati che devono lasciare poco spazio all’interpretazione.
Se il gesto dell’uomo fosse motivato dalla disperazione di un padre che ha perso il figlio e che cerca di trattenere il suo ricordo, dovrebbe suscitare compassione ma se, come alcuni sostengono, fosse un surreale ritorno alle radici ebraiche, sarebbe da condannare senza se e senza ma.
Il fatto che Eitan si trovi ora in un altro Paese democratico non deve far ragionare, né ebrei né non ebrei, diversamente da come si farebbe se ad essere rapito fosse stato un bambino zoroastriano portato in Iran o musulmano portato nel Maghreb.