Putin vince ancora ma perde consensi
L’opposizione «di sistema» avrebbe raddoppiato i consensi. Accuse di brogli e frodi
Elezioni in Russia: vince ancora il partito del presidente Vladimir Putin, ma con un calo di consensi rispetto alle consultazioni del 2016. In crescita i comunisti, un risultato che aiuta, però, lo zar. Affluenza in calo. Non sono mancate le accuse di brogli. Russia Unita avrà sufficienti seggi per controllare la Duma, il Parlamento di Mosca.
Il partito di Putin ha vinto le elezioni parlamentari, ma questa non è una notizia. Le ha vinte con una percentuale nazionale che, per ora, si avvicina al 40% e probabilmente, alla fine dello scrutinio, arriverà al 45%, la cifra che gli strateghi del Cremlino avevano indicato come «auspicabile» con largo anticipo. Assieme ad un altro 45%, quello dell’affluenza alle urne. I due numeri, ripetuti come un mantra, poi abbassati per «coprirsi» se le cose non fossero andate come previsto, erano quelli giusti: abbastanza seggi per assicurare a Vladimir Putin il controllo della Duma, la Camera bassa. Ne avrebbero conquistati almeno 240. Non troppo alti per rintuzzare le accuse di brogli e di voto truccato. Che comunque ci sono state e ci saranno ancor di più nei prossimi giorni. Nel 2016 però i putiniani avevano ottenuto un miracoloso 54% ed era scoppiata la protesta di piazza.
In alcune regioni Russia Unita, bollato dall’oppositore Navalny come il «partito dei ladri e dei truffatori» e assai poco amato dalla gente, ha fatto il pieno. Ma anche questa
Il «voto utile»
Turandosi il naso anche i seguaci di Navalny scelgono i comunisti
È il «voto intelligente»
non è una notizia perché nessuno ha mai dubitato del fatto che Ramzan Kadyrov, il signore incontrastato della Cecenia, fosse in grado di assicurare come al solito risultati plebiscitari al suo protettore Vladimir Vladimirovich. O che i nuovi cittadini russi delle repubbliche ribelli del Donbass votassero in massa per chi ha dato loro passaporti della Federazione al posto degli odiati documenti ucraini.
Secondo le previsioni è stato anche il successo dei comunisti, che tornano nella nuova Duma con un abbondante 25 per cento (avevano il 13). Il Kprf è il più solido dei gruppi di opposizione di sistema ammessi da sempre in Parlamento (purché non dessero fastidio al manovratore). E gli anti-Cremlino di Navalny avevano indicato soprattutto candidati comunisti come beneficiari di quello che è stato battezzato «voto intelligente», visto che in molte situazioni, i candidati del Kprf erano gli unici in grado di impensierire Russia Unita. Così spesso i sostenitori del blogger che si trova in prigione dopo un tentativo di avvelenamento (e che, naturalmente, non ha potuto partecipare) si sono turati il naso e hanno messo la croce sul nome del comunista di turno, spesso molto peggio dell’odiato nemico di Russia Unita.
Rientra in parlamento anche l’istrionico Vladimir Zhirinovskij con i suoi liberaldemocratici che hanno ben poco sia di liberale che di democratico. Ma anche il vecchio Zhirinovskij
ha svolto sempre egregiamente il suo ruolo. In quella che è stata felicemente definita la «democrazia guidata» russa, serve qualcuno che guidi e qualcuno che rappresenti una specie di opposizione, sempre pronta a criticare ma anche a dare una mano nei momenti importanti. Entrerebbe in parlamento, oltre a Russia Giusta, anche Gente Nuova, accusato di essere un partito-civetta creato dal Cremlino.
Presi di mira duramente in questi mesi, gli oppositori democratici hanno potuto fare ben poco: in realtà puntavano al massimo a qualche risultato di prestigio nelle grandi città. Ma senza poter creare problemi veri a Putin.