Sono poche centinaia su oltre trecentomila le classi in quarantena
A Milano sono 37 classi, a Roma una cinquantina, a Torino se ne contano 7, tra cui un focolaio a Canelli, nell’Astigiano, con dieci bambini e 15 genitori positivi (e l’intera scuola materna chiusa). In provincia di Bolzano — dove le scuole sono cominciate da quindici giorni — le classi chiuse sono 35, a Reggio Emilia 4 e a Piacenza 5. A Bologna, dopo una settimana di scuola, sono sei gli istituti in cui ci sono alunni positivi e classi subito in Dad. Ad aprile, quando le scuole hanno riaperto, dopo una settimana gli alunni in quarantena nel capoluogo emiliano erano già 500.
I primi dati sui contagi tra gli studenti si contano in centinaia. Arrivati alla spicciolata dalle Asl o dai presidi, sono poco significativi e a detta degli esperti bisognerà aspetta- re almeno altre due settimane per valutare l’impatto delle riaperture sulla diffusione del virus e quanto la vaccinazione di insegnanti e studenti sia in grado di rallentare i contagi.
Nell’autunno dello scorso anno, dopo una settimana di scuola in presenza, erano poco più di 400 le classi chiuse e 45 i focolai, dopo altri quindici giorni il numero era triplicato. L’Ats di Milano ha annunciato che fornirà un monitoraggio periodico, così anche il ministero dell’Istruzione che si sta attrezzando per seguire l’andamento del contagio nelle oltre trecentomila classi del nostro Paese. Oggi intanto riaprono le scuole anche nelle ultime due regioni, Puglia e Calabria. A Pizzo Calabro ci sarà nel pomeriggio l’inaugurazione ufficiale dell’anno scolastico con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e una festa con il campione olimpico Marcell Jacobs, il terzino della nazionale campione d’Europa Leonardo Spinazzola, Massimo Ranieri e il coro dello Zecchino d’oro.
Nella mappa delle classi che tornano in Dad in questi giorni c’è un primo dato che si conferma in tutte le rilevazioni: i contagi sono soprattutto tra i più piccoli, nelle materne e negli istituti comprensivi (elementari e medie), dove i bambini non possono essere vaccinati. «Gli screening con i tamponi salivari anche dove sono cominciati riguardano solo poche classi. Bisognerebbe accelerare per non perdere il controllo della situazione se i casi dovessero aumentare», lamenta Mario Rusconi, presidente dell’associazione presidi del Lazio. Non solo, i dirigenti scolastici sono già sul piede di guerra perché il rapporto con le Asl per rilevare i casi e decidere le quarantene è complicato: «Ogni Asl fa in modo diverso», spiega Rusconi. Dal Cts confermano che non c’è un automatismo per le chiusure ma è richiesta la cosiddetta «indagine epidemiologica», che comprende anche l’effettuazione dei tamponi, per decidere le misure. La regola fissata dall’Istituto superiore di Sanità è: quarantena per 7 giorni e tampone per i vaccinati; 10 giorni e tampone per i non vaccinati. Ma per esempio l’insegnante può essere considerato contatto non stretto e dunque escluso dalla quarantena, se, come prescritto dal protocollo, è rimasto con mascherina alla cattedra che deve essere a due metri di distanza dai banchi.
È chiaro che la questione delle quarantene, anche se più ordinata dello scorso anno, creerà non poche tensioni. L’assessore alla Salute del Lazio Alessio D’Amato ha proposto di valutare le «microbolle» e l’idea ha già suscitato l’interesse del capo del sindacato dei presidi Antonello Giannelli: se c’è un positivo in classe, si potrebbero mandare in quarantena soltanto i contatti più vicini — una decina — e non tutta la classe. È un modello che si applica in Germania e in Danimarca. Anche in Francia, per limitare il ricorso alla Dad, gli studenti vaccinati sono esenti dalla quarantena. Per ora il Cts non ne ha discusso e le Asl sono contrarie perché l’indagine per stabilire i contatti strettissimi richiederebbe molto più personale.