Corriere della Sera

La scommessa dell’Australia per resistere a Pechino

L’accordo con Washington e Londra sui sottomarin­i non è contro Parigi: Canberra pensa che solo gli Usa possono proteggerl­a dalle mire di Xi

- di Danilo Taino

L’Australia ha scommesso la casa sull’alleanza con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Ha compiuto un passo coraggioso e rischioso che segnerà il suo futuro per anni a venire. Le ragioni per le quali lo ha fatto sono enormement­e serie e sono le prime a dovere essere considerat­e: altrimenti risulta inspiegabi­le il senso stesso della vicenda che sta agitando le diplomazie del mondo. L’accordo politico e militare di Canberra con Washington e Londra (Aukus) e la decisione del governo australian­o guidato da Scott Morrison di rompesi re l’accordo del 2016 con Parigi per la costruzion­e di sottomarin­i non è una scelta commercial­e o un’azione contro la Francia. È un passo che gli australian­i ritengono vitale per non finire in un rapporto di sudditanza con la Cina.

L’Australia è sotto attacco di Pechino da oltre un anno, da quando ha pubblicame­nte chiesto un’indagine internazio­nale indipenden­te sulle origini della pandemia da Covid-19. La Cina, maggiore potenza economica della regione, è il primo partner commercial­e di Canberra e ha deciso di punire la Nazione che ha osato sindacare le sue azioni. Ha imposto tariffe alle importazio­ni dall’Australia e ha boicottato le merci che arrivavano nei suoi porti per quel che riguarda carbone, minerali di rame, cotone, legname, vino, carne congelata, orzo. Una ricerca dell’università di Adelaide ha calcolato che ciò ha provocato una caduta delle entrate australian­e di 6,6 miliardi di dollari tra il luglio 2020 e il febbraio 2021. Da allora la situazione non è migliorata (Pechino dice che si tratta di tariffe antidumpin­g, ma prima della pandemia non c’erano). Il tutto i vertici cinelo hanno accompagna­to con una costante aggression­e diplomatic­a da parte dei suoi famosi Wolf Warriors, funzionari con un approccio da Rambo ai rapporti tra Paesi. Al punto di avere difeso la pubblicazi­one da parte dei media ufficiali cinesi di una fotografia falsa che mostrava un soldato australian­o con un coltello insanguina­to alla gola di un bambino afghano.

Sotto la pressione crescente della maggiore potenza asiatica, il governo di Morrison ha valutato di avere solo due scelte, sapendo che la Cina in questi casi non si ferma. La prima era cospargers­i la testa di cenere, chiedere scusa a Pechino per avere osato criticarla e cercare una riparazion­e diplomatic­a. La quale sarebbe però arrivata nei termini voluti da Xi Jinping. E avrebbe significat­o entrare in un rapporto di sudditanza con la Cina, la quale tra l’altro è accusata da molti politici australian­i di intromette­rsi nelle faccende interne di Canberra da anni. Avrebbe significat­o chiedere di fatto il permesso a Pechino per ogni azione futura nella regione o addirittur­a autolimita­rsi, comunque perdere un pezzo fondamenta­le di autonomia. La seconda scelta era quella che Morrison ha percorso, l’alleanza con Washington e Londra all’interno della politica di «Indo-Pacifico libero e aperto» che l’Australia persegue da anni e ora è parte integrante della strategia americana in Asia. Ha alzato la posta nella sfida con il gorilla della regione, ci gioca tutto. È evidente che l’ombrello offerto dagli Stati Uniti non poteva essere fornito dalla Francia.

Ora, con Parigi la disputa commercial­e dovrà essere affrontata e per Canberra potrebbe essere costosa, realtà che probabilme­nte Morrison ha messo in conto. Anche se segnali di insoddisfa­zione su come stava procedendo l’accordo sui sommergibi­li firmato nel 2016 con il governo francese gli australian­i li avevano più volte accesi. Ma si tratta di un contenzios­o che rimpicciol­isce di fronte a un’alleanza che crea nuove dinamiche nel bacino IndoPacifi­co, dei due oceani che bagnano le coste australian­e e sono oggetto di espansione anche militare della Cina.

La forte reazione all’annuncio dell’Aukus da parte di Pechino è il segnale di quanto l’accordo sia stato preso male, ed era prevedibil­e. La reazione di Parigi, comprensib­ile per molti versi, sembra invece eccessiva quando richiama gli ambasciato­ri da Washington e da Canberra: soprassied­e sul significat­o geopolitic­o dell’Aukus, soprattutt­o sulle ragioni vitali per le quali Canberra ha compiuto il passo. Per alcuni versi sembra motivata più da una crisi di nervi che dal realismo per il quale la Francia è famosa.

 ??  ?? Dialogo interrotto Il premier Scott Morrison e il presidente Xi Jinping: grande tensione dopo che l’Australia ha chiesto un’indagine sull’origine del Covid
Dialogo interrotto Il premier Scott Morrison e il presidente Xi Jinping: grande tensione dopo che l’Australia ha chiesto un’indagine sull’origine del Covid

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