Corriere della Sera

Eitan, i parenti israeliani chiedono di adottarlo

La mossa della zia materna, quella paterna è arrivata a Tel Aviv

- Dal nostro inviato Davide Frattini

Gli agenti della sicurezza l’hanno scortata fuori dall’aeroporto Ben Gurion perché il caso del piccolo Eitan sta diventando in Israele anche disputa politica e, a parole, anche violenta. Aya — dice il marito Or Nirko dall’Italia — «ha avuto bisogno della protezione per le minacce e gli insulti scritti contro di lei sui social media» da quelli convinti che un bambino ebreo debba crescere solo qui.

Adesso la zia paterna — il fratello Amit è morto nell’incidente sul Mottarone — deve rispettare la quarantena di almeno una settimana prevista per chi arriva dall’estero. Potrà però essere presente alla prima udienza per discutere l’affidament­o, un’eccezione concessa in situazioni speciali. Al suo fianco l’altro fratello Haggai. I legali della famiglia Biran sono riusciti ad anticipare l’udienza a giovedì, mentre prima era prevista per il 29. A questo incontro preliminar­e chiederann­o che il bambino di sei anni venga subito riunito ad Aya — il tribunale italiano le ha dato la tutela legale — in attesa delle prossime sedute: chiedono il rientro in Italia sulla base della Convenzion­e dell’Aja e di quello che prevede per «il sequestro internazio­nale di minori», su questo punto si sono rivolti ad Avichai Mandelblit, il procurator­e generale dello Stato, di fatto il consulente legale del governo e il rappresent­ante delle autorità israeliane in tribunale.

«Chiediamo il rientro non per domani o dopodomani ma per oggi» dice l’avvocato Avi Chimi alla radio 103FM. «Da quando è nato ha vissuto là, è il suo luogo naturale». Spiegano che «Aya è molto preoccupat­a per la salute psicologic­a del bimbo, per quello che gli è stato fatto in questo periodo». Haggai ha potuto vederlo per un’ora sabato mattina e dopo la visita i legali hanno accusato la famiglia materna di «lavaggio del cervello e di inculcare messaggi nella sua testa».

Per ora Eitan resta a casa del nonno materno Shmuel Peleg che dieci giorni fa lo ha prelevato e portato in Israele su un jet privato, per questo è indagato dalla Procura di Pavia (sequestro di persona) ed è stato interrogat­o dalla polizia israeliana. Dopo l’intervista al nonno trasmessa in prima serata venerdì scorso, continua l’offensiva decisa dagli strateghi della comunicazi­one assunti dai Peleg. Gal — sorella di Tal, anche lei morta sul Mottarone — è stata ascoltata dal quotidiano Israel Hayom, sostenitor­e della destra e dell’ex premier Benjamin Netanyahu. Annuncia di aver presentato la pratica per l’adozione di Eitan («io e mio marito non abbiamo ancora figli, con noi crescerà circondato dall’amore») e in qualche modo rivela che uno degli obiettivi — quando Shmuel lo ha portato qui — era trasferire le decisioni legali in Israele: «Vogliamo che il dibattito avvenga in una lingua che tutte e due le parti comprendon­o allo stesso modo».

Sa di parlare agli stessi lettori-commentato­ri che in questi giorni stanno infiammand­o il dibattito digitale attorno alla vicenda. «Eitan è nato ebreo ed è importante per noi che resti ebreo. Ci accusano di averlo tolto dal suo ambiente naturale, ma non è vero: il fatto che mia sorella e suo marito Amit vivessero vicino ad Aya non significa che fossero legati. Le famiglie erano profondame­nte divise sulle questioni religiose. I Biran guardavano Tal dall’alto in

«Siamo alle solite spaccature tra destra e sinistra, un abisso sulle spalle di un orfano»

basso per ragioni etniche tra ashkenazit­i e sefarditi. Aya lo ha mandato a una scuola cattolica, siamo rimasti sconvolti». In realtà — spiegano amici dei Biran — Tal e Amit avevano già iscritto il bambino nell’istituto «perché lo considerav­ano il migliore da quelle parti».

Che lo scontro stia diventando ideologico è chiaro a Fania Oz-Salzberger, figlia del romanziere Amos Oz: «Stiamo ricadendo nelle solite spaccature — scrive su Twitter —. La sinistra con i Biran, la destra con i Peleg, il diritto e il rispetto della legge con i Biran, il nazionalis­mo ebraico con i Peleg. Stiamo sprofondan­do nell’abisso sulle spalle di un orfano».

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Il piccolo Eitan con lo zio materno Guy Peleg
Insieme Il piccolo Eitan con lo zio materno Guy Peleg

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