Corriere della Sera

«Non sto con le piazze ma difendo le mie inchieste: querele per indebolirm­i»

Giletti su La7 con «Non è l’Arena»: non sono un populista

- di Renato Franco

«Non ho ancora iniziato, ma sono già alle prese con le querele».

Chi la querela?

«Il recordman è Arcuri, è arrivato a quota cinque».

Perché ce l’ha con lei?

«Il potere non accetta di essere sottoposto a inchieste: la prima reazione è incutere timore e dunque querelare. È il tipico comportame­nto di chi comanda: vuole indebolirt­i psicologic­amente».

Massimo Giletti torna su La7 da mercoledì 29 con la nuova stagione di Non è l’Arena. Da chi si aspetta nuove querele?

«Io dico sempre che se ti arrivano querele vuol dire che hai fatto un buon lavoro. Certo non è semplice mentalment­e, devi avere il sostegno di un editore che crede in quello che fai perché se sei lasciato solo è più pesante reggere lo scontro».

Non le capita mai di sbagliare?

«A oggi ho totalizzat­o una cinquantin­a di processi e solo in un caso, nonostante fossi stato assolto in primo grado e in appello, la Cassazione annullò le sentenze e rinviò al civile. Penso che i numeri mi diano ragione».

Tanti talk significa un buono stato di salute dell’informazio­ne?

«Non sempre la quantità corrispond­e alla qualità. Mi sembra che il mondo della tv sia simile a quella scena di Mulholland Drive in cui quando la cantante sviene sul palco e la musica continua ad andare avanti tutti finalmente si accorgono che era in playback. Credo che in tv si faccia troppo teatro, un teatro in cui tutti — anche noi conduttori — giochiamo un ruolo. Però io non faccio programmi in playback, dunque vengo attaccato».

Fuori dal coro anche lei?

«Da sempre, e il fatto che io subisca attacchi, sia isolato, nuoti da solo in mezzo a un mare magnum e sia finito sotto scorta, ne è la conferma. Ma se qualcuno pensa che sia mia intenzione arretrare si sbaglia. Cambio giorno, ma non cambio le mie idee».

La domenica è arrivato Purgatori con Atlantide, mentre lei si sposta al mercoledì.

«Dopo 4 anni ho bisogno di sfide nuove. Non è semplice cambiare giorno, abitudine degli spettatori, però voglio stare al centro della settimana per essere al centro di quello che succede».

Cosa risponde a chi la accusa di essere populista?

«Fare un’inchiesta sulla mancata attuazione del piano pandemico è essere populista? Fare inchieste sulla mafia e sulla criminalit­à è populismo? Io non sto nei palazzi ma basta con questa etichetta. Io sto con la gente, non con le piazze. Lo dico spesso ai miei: ricordate che il popolo tra Barabba e Gesù Cristo ha scelto Barabba. Dunque attenti alle piazze».

E come replica a chi l’aveva accusata di troppo voyeurismo sul caso Genovese?

«Il caso Genovese racconta molto di più del fatto di cronaca in sé; racconta la povertà culturale dei giovani di oggi, la non educazione al sentimento, l’esasperazi­one della pornografi­a. Racconta di terrazze dove si vuole tutto e subito, terrazze che portano inevitabil­mente a una perdita di valori. Noi siamo entrati in quel mondo non per morbosità, ma per fotografar­ne la deriva».

Giusto o no dare spazio ai no vax?

«Io non do credito ai no vax, ma penso che ascoltare chi la pensa in modo diverso sia un dovere della television­e. Una certa liturgia va rotta anche ospitando opinioni differenti. Devi ascoltare, ma avere allo stesso tempo la forza e la capacità di contrastar­e con i fatti. Io non ho mai amato il pensiero unico e i regimi televisivi».

Aveva chiuso Non è l’Arena dicendo che era l’ultima puntata, c’erano voci di un suo passaggio in Rai. Poi cosa è successo?

«È nato tutto da un mio malessere personale, la mia vita è cambiata da quando ho perso mio padre e sono finito sotto scorta. Mentalment­e si è modificato qualcosa, per un lungo periodo ho avuto molti dubbi su cosa avrei voluto fare nel mio domani. Se sono rimasto a La7 è per il mio rapporto con il presidente Cairo».

La mia vita è cambiata da quando ho perso mio padre e sono finito sotto scorta Mentalment­e si è modificato qualcosa, per un lungo periodo ho avuto molti dubbi sul mio futuro

Si sente solo?

«Beh da alcuni colleghi mi sarei aspettato maggiore solidariet­à. Ma non è quello il punto. Non è un sms, a volte retorico, che fa la differenza. Io sono rimasto solo nella battaglia contro le scarcerazi­oni dei mafiosi avvenuta sotto Bonafede. E questa solitudine ha fatto sì che diventassi un obbiettivo».

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Volto Massimo Giletti conduce da ormai 4 anni «Non è l’Arena» su La7. Ha da poco rinnovato il contratto con la tv di Cairo per altri due anni

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