«I miei personaggi, vivi nella fiction»
Maurizio de Giovanni premiato con i Nastri d’argento anche per «Il commissario Ricciardi»
«La mia è la parte più semplice: la faccio in pigiama»: l’ironia per disinnescare qualunque tipo di vanità, da cui per altro è alieno. Maurizio de Giovanni è fasciato in due luccicanti Nastri d’argento, il più antico premio cinematografico italiano, assegnato dal 1946 dal Sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani (Sngci). Quest’anno i Nastri si sono aperti anche alla serialità: de Giovanni ha ricevuto un nastro speciale per la scrittura (per Mina Settembre e I Bastardi di Pizzofalcone), mentre il nastro per la «serie dell’anno» è andato al Commissario Ricciardi, il personaggio immaginario nato nei suoi romanzi ambientati nella Napoli degli anni Trenta in pieno regime fascista.
De Giovanni schiva subito i complimenti: «Non è colpa mia se ho vinto, il merito va a Napoli, una città che rappresenta un territorio narrativo unico, pieno di contrasti e dialettica, generatore di conflitti e dunque occasione continua di opportunità narrative: io ho solo la grande fortuna di essere napoletano, osservatore di un grande palcoscenico che è fonte continua di ispirazione e suggestione». Qualche merito ce l’avrà anche lei, no? «Se posso riconoscermi un pregio è quello di avere la capacità di ascoltare e non la vanità di parlare, come fanno tanti al giorno d’oggi. Mi considero un fedele osservatore». Attento a ciò che su succede agli altri, non al suo ombelico: «Resisto alla tentazione di raccontare me stesso, mentre oggi ci circonda l’attitudine a raccontarsi».
Nemmeno il successo (letterario e televisivo) riesce ad alimenta il suo ego. «Credo che succeda a tutti quelli che arrivano al successo in tarda età: se non eri scemo prima è difficile diventarlo». Nemmeno un po’ di vanità? «Mi piace essere riconosciuto per strada, mi fa piacere che le persone abbiano il desiderio di commentare i miei libri, che mi ringrazino per i personaggi che ho creato. Ma come diceva Troisi, la poesia è per chi la usa. E lo stesso discorso vale per i romanzi. Mi piace che le persone percepiscano i miei personaggi come se fossero vivi».
Il commissario Ricciardi (interpretato da Lino Guanciale) è stato un grande successo di Rai1, con oltre 5 milioni di spettatori. In cosa è vivo Ricciardi? «Ha una sensibilità non comune verso il dolore altrui. Mentre tutti in genere fingono di partecipare ai tormenti degli altri, ma sono felici che non sia toccato a loro, Ricciardi sa sentire geneticamente su di sé il dolore degli altri. Ricciardi piace per la sua empatia». Empatia, altro sentimento in controtendenza con i tempi che viviamo, tutti perennemente in posa per una fotografia che nessuno sta scattando, al massimo è un selfie, onanismo dell’ego: «Questo individualismo, o meglio egocentrismo, credo sia colpa dei social che alimentano la concentrazione su se stessi. L’egocentrismo è la premessa dell’egoismo».
De Giovanni è autore anche dei Bastardi di Pizzofalcone (al via ieri sera, sempre su Rai1): «Loro sono personaggi vivi perché sono uno specchio di imperfezione, ognuno di loro si sente incompiuto. Credo che il messaggio della serie possa servire anche come indicazione operativa di vita: la forza della squadra è sempre maggiore della somma delle imperfezioni delle parti».