Corriere della Sera

L’orgoglio della Juve non è un bel segnale

- Di Mario Sconcerti

Qualcosa brucia sotto il fuoco, la Juve in qualche modo c’è ancora. Allegri ha fatto un mezzo miracolo a rimettere insieme una non squadra, si è come tolto responsabi­lità, ha detto ai giocatori di essere più liberi, interpreta­re da soli la loro idea di lavoro. Così Cuadrado si scambiava spesso con Dybala, Rabiot si raddoppiav­a, Bentancur arrivava al limite dell’area. Non era una Juve corretta, ma equilibrat­a dalla somma di confusioni. E Szczesny non ha commesso errori. Questo conta. Una Juve oltre se stessa e la sua tradizione con Allegri, quasi una Juve con il cuore di Conte, ma è durata quanto una lunga coda al gol di Morata. È costata anche una decisione di fondo, l’esclusione di Chiesa. Credo sia stata durissima per tante ragioni, ma si può capire. Chiesa è un solitario, fa poca squadra. Quando parte, o segna o è tempo perso. Manca ancora nella Juve chi aiuti l’attacco ma manca il vero anche Dybala. Il Milan ha giocato un ottimo secondo tempo nonostante i limiti di serata. Pesante non è stata l’assenza di Ibrahimovi­c perché è ormai raro ci sia, quanto quelle di Leao, Diaz, Kessie. Grandissim­o Tonali, piccolo padrone del Milan attuale. Rebic ha giocato con intelligen­za sempre e trovando il tiro una sola volta. È stato gol, quasi la perfezione. In generale la sintesi della partita è stata proprio nei pochi tiri in porta. Si è giocato di foga, cercando il disordine come limite estremo. Era nell’aria che Pioli giocasse a tre, aveva voglia di recuperare Romagnoli. Uscito Kjaer è stato molto attento a riequilibr­are la squadra mettendo Tonali davanti alla difesa e Saelemaeke­rs mezzala. Il Milan è una squadra intelligen­te, non migliore della Juve. Ogni tanto perde giocatori, Ibra per infortuni, Hernandez per incomplete­zza, Diaz e Leao per leggerezza, Kessie per distrazion­i economiche e muscolari. Il Milan è molto bello quando giocano tutti bene. La Juve ci ha messo il mestiere e la durezza, credo si possa chiamare orgoglio, ma non è un buon indizio. Si parla di orgoglio nel calcio quando si arriva al dolce.

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