Corriere della Sera

Manny Pacquiao sul ring elettorale: un peso piuma contro Big Duterte

Il pugile sfida il clan del presidente sceriffo

- di Michele Farina

A42 anni vuole mettere le mani e i guantoni su un altro titolo, uno dei pochi che ancora mancano al suo bottino: già campione dei pesi mosca e dei pesi piuma, dei supergallo e dei welter, l’unico pugile della storia ad aver vinto tutto in otto differenti classi di peso ha annunciato che nel 2022 si batterà per il titolo di presidente delle Filippine.

L’annuncio non ha sorpreso i concittadi­ni. Un piede sul ring della politica Manny Pacquiao ce l’ha da oltre dieci anni. Come deputato ha stabilito il record di assenze al Parlamento di Manila (4 in un anno). Da senatore dopo aver tuonato contro Barack Obama ha sparato ganci abominevol­i contro gli omosessual­i, si è schierato a favore della pena di morte soffiando sul fuoco acceso dal presidente sceriffo: Rodrigo Duterte nel giugno 2022 vedrà scadere il proprio mandato, anche se questa estate ha fatto sapere che «per amore del popolo» vuole restare nella stanza del potere in qualità di vice presidente.

Le Filippine sono un arcipelago di settemila isole e 100 milioni di abitanti sparsi su una superficie pari a quella dell’Italia, con un intrico complicati­ssimo di fazioni politiche. Quella principale del PDP-Laban ha accettato la candidatur­a di Duterte a prossimo vice. Peccato che il candidato presidente, Christophe­r «Bong» Go, si rifiuta di correre con il fiato del boss alle spalle. Il partito lo invita a ripensarci, ma intanto valuta la possibilit­à di puntare per le presidenzi­ali sulla figlia del leader uscente, la popolariss­ima Sara Duterte-Carpio.

Che accoppiata: come se dalla convention repubblica­na per le elezioni Usa uscisse vincitrice Ivanka Trump con il padre Donald a farle da scudiero-vice. In questo quadro abbastanza assurdo si butta a testa bassa anche Manny Pacquiao, sostenuto da una fazione minore del partito di governo PDP-Laban. «Sono un guerriero — ha detto lui presentand­o la sua candidatur­a — E combatterò sempre. Dentro e fuori dal ring».

Dentro forse no. Dopo la sconfitta di agosto a Las Vegas (l’ottava della sua carriera, non combatteva da due anni) con il giovane cubano Ugas per il titolo Wba dei pesi welter, Manny ha ventilato l’ipotesi che quello sia stato davvero l’ultimo combattime­nto della sua incredibil­e cavalcata di pugile, ventisei anni di annunciati ritiri e folgoranti ri

La succession­e

Il leader uscente si candida a vice, mandando avanti l’erede

torni. «Nel mio cuore voglio continuare a combattere, ma devo considerar­e anche il mio corpo». Oltre al portafogli­o: la boxe ha reso Pacquiao un nababbo, con una villona a Beverly Hills e la corona di parlamenta­re assenteist­a più ricco delle Filippine. Negli ultimi anni, infischian­dosene del suo metro e 66 di altezza, aveva tentato anche la via del basket a livello nazionale, ma per il futuro sembra preferire la statura del leader. Negli ultimi mesi Manny si è scaldato criticando la gestione del Covid da parte del governo di Duterte, pur evitando di colpire direttamen­te il presidente, su cui per altro indaga la Corte Penale Internazio­nale (per le migliaia di persone fatte sparire durante la brutale «guerra alla droga»). Rapidissim­o con i pugni, meno lesto con le parole, Manny studia gli avversari. Se dovesse batterli alle elezioni, il suo amore per l’America potrebbe essere una buona notizia per Joe Biden nel grande scontro del Pacifico. Ma se è per questo anche il clan Duterte ha fatto pace con Washington voltando le spalle a Pechino. L’impresa di Manny appare proibitiva. Se gli va male, potrà sempre annunciare l’ennesimo ritorno. Sul ring naturalmen­te.

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Campione Manny Pacquiao, 42 anni, l’unico pugile della storia a vincere il titolo in otto categorie di peso. Si candida a presidente delle Filippine

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