Corriere della Sera

Tensione nel quartiere «Avremmo voluto prenderlo noi»

Nel Rione Sanità rabbia e parole d’odio

- F.B.

La casa dove viveva Samuele con la sua famiglia è in via Piazzi, una strada del Rione Sanità. A lungo Mariano Cannio ha abitato a pochi palazzi di distanza: il bimbo e i suoi genitori al civico 3, l’uomo al 24. Poi ha dovuto lasciare per questioni economiche e se n’è tornato a Forcella, dove è cresciuto con i genitori, che adesso non ci sono più.

Ma alla Sanità tutti lo conoscono e il clima che si respira in questa zona da sabato è profondame­nte diverso da quello che si respirava venerdì dopo la tragedia. Nelle prime ore sembrava un dolorosiss­imo incidente, ma da quando si è capito che la morte di Samuele non è stata una tragica fatalità si percepisce una voglia di giustizia sommaria.

Nessuno va a dirlo ai giornalist­i, che in più occasioni sono stati allontanat­i non solo a maleparole ma anche a spintoni se non peggio. Ma se si ha qualche amico che vive nella zona non è difficile sapere che il rimorso di più d’uno è che la responsabi­lità di Cannio sia emersa quando già la polizia lo aveva preso in consegna. «E non ci fa affatto piacere che il giudice oggi lo abbia tenuto in galera. Sarebbe stato meglio se fosse uscito», dice qualcuno che non appartiene alla famiglia del bambino.

Ma non sono parole che esprimono posizioni innocentis­te, tutt’altro. «Sarebbe stato meglio se fosse uscito perché così qualcuno sarebbe potuto andare a cercarlo. Tanto dove poteva nasconders­i? Lo conosciamo tutti troppo bene, sappiamo dove abitava qui e dove abitava a Forcella. Che ci voleva a rintraccia­rlo?».

C’è un bruttissim­o clima, che rischia di avvolgere nella tensione anche il giorno del funerale, che per ora è ancora da stabilire in attesa dell’autopsia. Fortuna che alla Sanità, come a Forcella, ci sono parroci di grande capacità e personalit­à. Sicurament­e capaci di parlare d’amore e non di odio anche in questa tragedia.

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