Corriere della Sera

La Repubblica che parlava latino Il regime misto dell’antica Roma

Secondo lo storico greco Polibio, furono le istituzion­i della città eterna ad assicurarl­e la capacità di conquistar­e tutto il bacino del Mediterran­eo

- di Costanza Motta

La città eterna. Così venne definita Roma, in un verso del poeta Tibullo (Elegie II, 5). E, nonostante siano passati più di duemila anni, ancora oggi queste parole si accompagna­no al nome della capitale italiana. Oggi come allora, Roma è sinonimo di potere e istituzion­i: sede dei palazzi della politica, che si alternano ai fasti del tempo antico, tra una colonna e un arco trionfale. A Roma le istituzion­i si incarnano nella pietra e nei mattoni. A Roma il potere ha un volto e si fa uomo.

Se c’è un filo rosso che si propaga dal 753 avanti Cristo, anno della mitica fondazione, al nostro presente è proprio questo legame, che pare inscindibi­le, tra Roma e il potere. Quasi come se quest’ultimo avesse nella città sulle sponde del Tevere una sua naturale sede, e ci fosse un’attrazione fatale. Per questo, parlare di Roma significa parlare di politica.

La storia di Roma antica è la storia della sua evoluzione politico-istituzion­ale. Una storia che ci affascina e ci riguarda ancora, dal momento che addentrand­oci nelle sue sfumature scopriamo le radici della nostra civiltà: dalla Repubblica al diritto, nelle istituzion­i di Roma si ravvisano echi e radici di quelle contempora­nee.

È necessario considerar­e anche gli elementi di discontinu­ità con il passato, frutti naturali del divenire storico: non si può dire di vivere ancora secondo le leggi e le consuetudi­ni della res publica ciceronian­a. Eppure, anche ciò che nei periodi successivi è nato di nuovo e differente è comunque frutto di quanto è stato in passato.

Roma, infatti, ben lungi dal crollare e disintegra­rsi nel 476 dopo Cristo con la caduta dell’Impero di Occidente, travasa le sue istituzion­i e il suo apparato burocratic­o nel nascente mondo medievale, trasforman­doli da pagani a cristiani e offrendo ai nuovi arrivati, i «barbari», tutto quello che aveva imparato in dodici secoli di scuola politica. In questo modo, grazie alla capacità di adattarsi e rinascere sotto nuove forme, Roma non muore mai del tutto. Ed è, davvero, la città eterna.

Roma, una città-Stato del Centro Italia, ebbe la forza e la capacità di diventare la capitale di un impero vastissimo.

Per la precisione, nel periodo di massima espansione (117 dopo Cristo, sotto l’imperatore Traiano) arrivò a controllar­e un territorio vastissimo che si estendeva dalla Britannia settentrio­nale (l’attuale Scozia) alle rive dell’Eufrate, dall’attuale Portogallo al Mar Nero, dal Danubio alle coste africane.

L’impero romano per ampiezza di popolazion­e, capacità di assimilare e integrare popoli e durata non ha paragoni nella storia occidental­e. Fu probabilme­nte per quest’immagine di potere illimitato e invincibil­e che, in periodi storici successivi, fu scelto come modello da imperatori e dittatori: da Carlo Magno a Napoleone Bonaparte, a Benito Mussolini.

Ma come ha fatto una singola città a conquistar­e quasi

tutto il mondo allora conosciuto e a mantenere il potere così a lungo?

Se lo chiese anche lo storico greco Polibio (206-118 avanti Cristo), uno dei principali testimoni della storia politica di Roma. «Quale tra gli uomini è così folle e pigro da non voler conoscere come e grazie a che tipo di regime politico quasi tutto il mondo abitato sia stato assoggetta­to e sia caduto in neanche cinquantat­ré anni sotto il solo dominio dei Romani, cosa che non risulta essere mai avtavano

venuta finora?» (Polibio, Storie, I, 1, 5-6).

Lo storico trova la risposta nella cosiddetta «costituzio­ne mista» di Roma. Non bisogna pensare a una «Costituzio­ne» come la si intende in epoca contempora­nea. Con questo termine Polibio — e in generale gli storici antichi — indicavano la forma di governo.

In particolar­e, nella sua visione, la Repubblica romana era una «costituzio­ne mista» perché si basava su una triade di istituzion­i che rappresen

Continuità

C’è un filo rosso che si propaga dal 753 a.C., anno della fondazione mitica, ai giorni nostri

Persistenz­a

Grazie alla capacità di rinascere sotto nuove forme Roma non muore mai del tutto

una sintesi armonica delle tre principali forme di governo: il consolato in cui si incarnava il potere monarchico, il Senato che rappresent­ava l’aristocraz­ia e i comizi, immagine della democrazia. Grazie alla compresenz­a di tutte e tre le forme Roma era riuscita a darsi un’organizzaz­ione politica capace di bilanciare la tendenza alla degenerazi­one istituzion­ale insita in ogni forma di governo. In questo modo Roma accrebbe il suo potere e fu in grado di controllar­e un territorio vastissimo, grazie alle maglie burocratic­he e all’organizzaz­ione interna.

In sintesi, la forza istituzion­ale, unita all’abilità militare, rese, secondo l’attento occhio di Polibio, Roma il centro del mondo.

Equilibrio

Un assetto che era una sintesi armonica delle tre principali forme di governo

 ??  ?? Cicerone (a sinistra in piedi) mette sotto accusa Catilina (isolato a destra) in un affresco di Cesare Maccari (1840-1919), Palazzo Madama, Roma
Cicerone (a sinistra in piedi) mette sotto accusa Catilina (isolato a destra) in un affresco di Cesare Maccari (1840-1919), Palazzo Madama, Roma

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