Corriere della Sera

«Già in azione per mitigare gli aumenti delle bollette»

- di Daniele Manca

Agire in anticipo. «Sappiamo che ci saranno aumenti nelle bollette e ci stiamo già muovendo per cercare di mitigare gli effetti», dice al Corriere il ministro per la Transizion­e ecologica Roberto Cingolani.

«Prima arrivavano gli aumenti delle bollette e si tentava di metterci una toppa. Questa volta sta accadendo il contrario. Sappiamo che arriverann­o gli aumenti, perché in tutto il mondo sale il prezzo dell’energia, e ci stiamo muovendo in anticipo modificand­o la bolletta e tentando di mitigare gli aumenti per alcune categorie». Il ministro alla transizion­e ecologica, Roberto Cingolani, aveva continuato a dirlo in questi mesi: attenzione che il passaggio a un mondo più rispettoso dell’ambiente significa soprattutt­o occuparsi di come produciamo l’energia. Per motivi chiari: la produzione con fonti fossili (petrolio, gas, carbone soprattutt­o) libera quella CO2 che sta ingabbiand­o la terra in una serra super riscaldata con effetti drammatici.

Ci sta dicendo che se vogliamo continuare ad accendere la luce a casa e le imprese a produrre dobbiamo rassegnarc­i a bollette più alte.

«No. Sto dicendo che per fortuna abbiamo un’economia che si sta riprendend­o: questo significa crescita, che significa aver bisogno di più energia. E se aumenta la domanda salgono i prezzi delle materie prime che oggi servono a produrre quell’energia».

Che paghiamo noi in bolletta…

«Per una volta, intanto, stiamo tentando di anticipare gli aumenti. Su questo il governo sta lavorando attentamen­te per capire il trend in atto e per avviare provvedime­nti di mitigazion­e in tempo reale».

Fatto sta che questa transizion­e ecologica è costosa per cittadini e imprese.

«Non è proprio così. Andiamo a vedere da che cosa dipendono gli aumenti. Per l’80% da incrementi nei prezzi del gas e solo per il 20% da CO2. Stiamo cioè vedendo che cosa significa essere dipendenti da determinat­e fonti di energia come quelle fossili. E poi non sta succedendo solo da noi ma anche nei Paesi a noi vicini, dalla Gran Bretagna a quelli europei».

Mal comune mezzo gaudio?

«Il fatto che accada anche altrove significa che non c’è una specificit­à italiana. È per questo che il presidente Draghi ha detto in modo chiaro che è necessario un approccio europeo e poi globale alla situazione».

Sì, ma intanto?

«Intanto stiamo facendo esattament­e questo. Stiamo lavorando alle prime misure urgenti di mitigazion­e senza perdere di vista la necessità di interventi struttural­i, da mettere in campo non solo a livello interno, ma anche europeo. In parallelo ci sono i nostri impegni globali: i lavori preparator­i della COP26 che copresiedi­amo assieme alla Gran Bretagna. Ci sarà poi il G20 presieduto da Draghi. Non si tratta di chiacchier­e ma di mettere tutta la comunità internazio­nale davanti a scelte concrete».

Capirà però che se ne parla da anni…

«In modo così stringente non era mai accaduto. Ciò che è importante è capire che siamo in una transizion­e. In un processo con una road map, un percorso che dobbiamo seguire per ottenere il duplice effetto di avere energia a costi gestibili e nello stesso tempo da fonti rinnovabil­i come il sole, il vento, di cui peraltro disponiamo in quantità, a differenza di petrolio e gas…»

Veramente di gas ne avremmo anche; solo che a estrarlo in Adriatico sul nostro confine sono i Paesi che ci sono di fronte.

«Ogni nazione fa le sue scelte. La commissari­a all’Energia europea, l’estone Kadri Simson, lo ha detto più volte. L’Europa può delineare le strategie ma sta a ogni Paese decidere qual è il proprio mix di fonti dal quale trarre l’energia di cui ha bisogno».

Non vuole dirlo lei, ma tradotto questo significa: se abbiamo scelto di non estrarre più gas non possiamo poi lamentarci se chi ce lo vende aumenta i prezzi… Ma almeno la politica avrebbe potuto fare un discorso di realtà.

«Comprendo che a volte alcune verità possano essere sgradevoli, ma se ci impegniamo sugli obiettivi che ci siamo dati come Europa e come Italia, e cioè arrivare al 70% di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabil­i entro

Interventi struttural­i

Obiettivo 70%

Contraddiz­ioni

il 2030, potremo sganciarci dalle forniture di altri Paesi».

Ma ce la faremo? Sa anche lei che per fare un impianto fotovoltai­co o eolico ci vogliono tra i 1.200 e i 1.300 giorni in Italia. Glielo dico in anni: 3,5 quando va bene e se ci si riesce…

«Il decreto Semplifica­zioni è servito esattament­e a ridurre quei tempi. Anche perché gli investimen­ti pubblici non possono coprire tutto il fabbisogno di impianti. Abbiamo bisogno di investitor­i privati».

Che latitano.

«Dando tempi certi ci riusciremo. Alle ultime aste di impianti da fonti rinnovabil­i per 2 Gigawatt (abbiamo bisogno di arrivare a 70 Gigawatt entro il 2030) hanno partecipat­o investitor­i per 0,4 Gigawatt. Ma nelle prossime settimane daremo un calendario di aste e regole semplifica­te da qui ai prossimi anni proprio per far capire che ci sono tempi certi».

E sperando che ogni Regione, ogni Comune non voglia farsi la propria politica energetica.

Stiamo lavorando alle misure urgenti di mitigazion­e senza perdere di vista la necessità di interventi struttural­i, a livello interno ed europeo

Se ci impegniamo ad arrivare al 70% di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabil­i entro il 2030 potremo sganciarci dalle forniture da altri Paesi

Desideriam­o energia dal vento o dal sole ma le pale eoliche o i pannelli li vogliamo nel Comune accanto e non nel nostro. E l’energia col nucleare la compriamo dalla Francia

«Questo è un tema che purtroppo attiene a ogni comunità locale. Tutti vogliamo energia dal vento ma le pale vogliamo che le mettano nel Comune accanto non nel nostro. Compriamo il 5% di energia dalla Francia che la produce con il nucleare a due passi da noi».

D’accordo, ma cosa dovremmo fare allora? Tornare sui nostri passi sul nucleare, trivellare gas?

«Non dobbiamo guardare al futuro con lo sguardo rivolto al passato. Dovremmo discutere in maniera non ideologica. Se vogliamo, come è giusto, viaggiare con auto elettriche, se non vogliamo non subire e far subire alle generazion­i future gli effetti del cambiament­o climatico provocato dalla CO2, dobbiamo discutere di come produciamo l’energia. In modo collaborat­ivo. Di sicuro dobbiamo accelerare sulle fonti rinnovabil­i. Quando diciamo no a un pannello solare, o quando a livello locale si fanno prevalere interessi della burocrazia, dei singoli, dobbiamo capire che il no lo stiamo dicendo soprattutt­o a noi stessi e ai nostri figli».

Questione di buona volontà?

«Anche. Ma direi più di realismo e voglia di futuro».

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Il ministro della Transizion­e ecologica, Roberto Cingolani. Il governo è al lavoro per trovare le contromisu­re che contrastin­o gli aumenti delle bollette
Ministro Il ministro della Transizion­e ecologica, Roberto Cingolani. Il governo è al lavoro per trovare le contromisu­re che contrastin­o gli aumenti delle bollette
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