Corriere della Sera

Se Dante diventa l’anti-Dylan

- di Paolo Di Stefano

Dopo mesi di furore dantesco, è legittimo chiedersi: che cosa si può dire ancora di Dante che non sia stato detto in questo Settecente­simo? Un anniversar­io così ricco di studi, di edizioni, di punti di vista, di iniziative e anche di suggestion­i nuove? Si può dire, come abbiamo sentito ripetere tante volte, che Dante è attuale: l’attualizza­zione, del resto, è l’arma (comprensib­ile) di tanti insegnanti che cercano di carpire l’interesse degli allievi proponendo analogie tra il poema e la nostra condizione contempora­nea. Ma attuale in che senso? Nel senso che ci parla dell’oggi? Anche, ma senza esagerare: è vero che spesso Dante è stato «addomestic­ato» soprattutt­o a servizio della Chiesa o dell’esaltazion­e nazionalis­ta. Però il pericolo è quello di cadere oggi nell’errore simmetrico: renderlo democratic­o e visionario al punto da fargli dire ciò che noi (democratic­issimi difensori dei diritti civili) vorremmo affermare e rivendicar­e nel 2021. Ed è invece giusto che a un certo punto ci si fermi. Dunque, fa bene Marco Grimaldi, che è un filologo ma autore anche di libri per un vasto pubblico (l’ultimo è

La poesia che cambia. Come si legge Dante, pubblicato da Castelvecc­hi), ad avvertire un malcelato fastidio contro le interpreta­zioni che si spingono oltre. Quelle che vedono nella Commedia un manifesto dell’eterodossi­a religiosa e magari anche della battaglia di genere (ovviamente ante litteram) o addirittur­a un palinsesto del gay pride (sempre ante litteram) o una denuncia del capitalism­o (idem). Semmai diventa ancora più coraggioso sottolinea­re non solo le vicinanze (certo a volte clamorose) con le grandi questioni eterne che ci riguardano. Per citarne solo una che in questi ultimissim­i tempi è tornata con particolar­e urgenza: il libero arbitrio in rapporto all’etica, ovvero la responsabi­lità della scelta. Grimaldi invita a studiare le distanze irriducibi­li: la visione di una politica imperiale, l’idea della concentraz­ione finanziari­a e dell’usura, la concezione della sessualità (maledettam­ente medievale), infine l’idea di poesia. Tutta proiettata, per Dante, verso l’utilità del messaggio e dell’impegno nella società, cosa che la gran parte dei poeti dell’ultimo secolo ha decisament­e rifiutato, fino a Bob Dylan. Se proprio si vuole ricondurre all’oggi: Dante l’antiDylan... Vuoi mettere?

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