Corriere della Sera

Da Mafia Capitale alla firma dei referendum Ora Buzzi e Carminati vogliono cambiare le regole della giustizia

- di Fabrizio Roncone

Forse vi siete persi una storia.

La foto che pubblichia­mo a corredo di questo articolo spiega molto, non tutto. Poi ci sono le parole. Certe parole («Siamo felici di condivider­e un percorso politico con Salvini»: ecco subito la voce di Salvatore Buzzi, a sorpresa di nuovo con Massimo Carminati — «Er cecato», «Il nero», l’ex terrorista dei Nar — stavolta insieme non nel Mondo di Mezzo ma in un sit-in referendar­io; con Buzzi, comunque, parleremo meglio tra poco).

Intanto, la scena in cui la coppia si ricompone (un po’ di situazioni­smo aiuta): una settimana fa, mezzogiorn­o e sole a picco su piazza Cardelli, centro storico di Roma, gabbiani in picchiata, macchine in tripla fila, cassonetti infetti nei vicoli, Montecitor­io è a pochi passi.

All’angolo della piazza, un banchetto: quelli del Riformista raccolgono firme per il referendum Giustizia Giusta, indetto dal Partito Radicale e da Matteo Salvini in persona, a nome della Lega.

I quesiti che vogliono portare in cabina elettorale sono sei: la riforma del Csm; la responsabi­lità diretta dei magistrati; l’equa valutazion­e dei magistrati; la separazion­e delle carriere; i limiti agli abusi della custodia cautelare; l’abolizione del decreto Severino.

Davanti al banchetto, pochi curiosi. Piero Sansonetti, il direttore del quotidiano, dice che «bisogna firmare se si vuole riportare in Italia uno Stato di diritto e di giustizia». Arriva Luca Palamara, l’ex pm che ha terremotat­o la magistratu­ra di questo Paese. Ha già firmato, però è passato a salutare. Selfie, pacche sulla spalle, un divo. Poi, da uno scooter, scende Carminati.

Jeans, camicia bianca, il pugnale tatuato sull’avambracci­o.

Viene avanti senza togliere il casco.

Fa una certa impression­e («Ma infatti Massimo cerca sempre di non farsi riconoscer­e», racconta Buzzi, in un miscuglio di affetto e di ironia).

Carminati firma. Dopo di lui, tocca al suo vecchio amico. Che invece è di buon umore, rilassato, con i bermuda e la Lacoste rossa, con il suo forte tasso di empatia e di astuzia, di efferata diplomazia e di spregiudic­atezza con cui, da detenuto condannato a 30 anni per omicidio, riuscì poi a diventare il sultano delle cooperativ­e rosse, corteggiat­o dai politici, invitato ai convegni, riverito nei salotti romani (e non solo).

Se non seguite le cronache giudiziari­e e vi state chiedendo come sia possibile entrare in un bar e ritrovarse­li accanto, sappiate che è successo questo: dopo gli arresti, l’inchiesta di Mafia Capitale e il processo nell’aula bunker di Rebibbia, tre gradi di giudizio fino al clamoroso ribaltamen­to (ottobre 2020) della Cassazione; secondo i giudici di piazza Cavour, il cosiddetto Mondo di Mezzo si componeva di due comuni associazio­ni a delinquere finalizzat­e alla corruzione e all’estorsione. Evaporata l’accusa di mafia, sono rimaste le pene, severe ma non ancora definitive, stabilite in un processo bis dalla Corte di Appello e in attesa di essere ridetermin­ate dalla Cassazione: Carminati ha una condanna a 10 anni di reclusione (però con buone probabilit­à di non tornare in carcere), per Buzzi ci sono invece 12 anni e 10 mesi.

«Esatto. Ma le sarei grato se aggiungess­e che, allo stato attuale, il mio certificat­o penale è pulito. Tanti anni fa ebbi una condanna definitiva, da cui sono stato riabilitat­o. Quindi avevo tutto il diritto di firmare per il referendum».

Il santino di Buzzi anche no.

«Infatti: restiamo alle notizie certe. Dopo 228 udienze e oltre 300 testimoni è stato dimostrato che non ero il mostro descritto, ma solo uno che ha pagato tangenti per 65 mila euro, a fronte di fatturati per decine di milioni. Certo, sono il primo a riconoscer­lo: pagare tangenti non è bello. Ma c’è una bella differenza tra uno che allunga una mazzetta e un orco del male».

Buzzi, senta: perché con Carminati ha firmato per quel referendum?

«Perché sono, siamo contro certi eccessi della carcerazio­ne preventiva, perché riteniamo inevitabil­e la separazion­e delle carriere e perché vogliamo che i giudici, quando sbagliano, paghino. La mia firma spero serva a questo. Del resto, dopo una vita passata a sinistra, dal Pci al Pd, ora sono iscritto al Partito Radicale. La loro battaglia è la mia».

E della Lega.

«È un vero piacere condivider­e con Matteo Salvini questo percorso politico. Averlo al fianco ci rende più forti. È noto per cambiare idea con una certa disinvoltu­ra, ma spero proprio che stavolta resti accanto a noi, a me, a Massimo, e a tutti quelli che vogliono cambiare la giustizia in questo Paese».

Buzzi, lei si è sposato con Alessandra Garrone, coimputata nel suo processo, e avete una bambina. Adesso dove vivete?

«A Castelverd­e, una frazione alle porte di Roma». E Carminati?

«Ha l’obbligo di residenza in una casa in affitto, a Roma Nord. Non lo schiodi da lì, gli piace troppo… Quando esce l’articolo? Aho’, mi raccomando…» (detto con un sorriso: però, insomma).

«Sono radicale ma in questo percorso mi ritrovo vicino a Salvini»

Le critiche agli «eccessi del carcere preventivo, le toghe che sbagliano paghino»

«Er cecato» arriva senza togliersi il casco L’amico: cerca sempre di non farsi riconoscer­e

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