«Prima la scia di fuoco poi un botto pazzesco» «Ha evitato una strage lì vicino ferma il bus»
La paura nel racconto dei tanti testimoni
«C’erano delle fiamme». Angelo Summa, 40 anni, ripete la stessa, identica versione almeno una dozzina di volte. «Ero qui alla fermata dell’autobus — dice parlando velocissimo e interrompendosi solo per imitare il suono che ha sconvolto anche la sua giornata — e all’improvviso ho sentito un rumore strano, come un sibilo, ho pensato a un aereo, ma c’era qualcosa di anomalo. E poi l’ho visto, era veramente vicinissimo e con quella scia di fuoco. È stato un attimo poi c’è stato quel botto pazzesco, pezzi che volavano dappertutto, fuoco e fumo. Una cosa spaventosa». È lui uno dei testimoni oculari in grado di descrivere le ultime frazioni di secondo del piccolo aereo da turismo prima dello schianto mortale sulla palazzina in ristrutturazione. «Oscillava, dava l’idea di aver perso il controllo e poi è caduto, e meno male che non è successo qui, dove la gente aspetta i bus o nel parcheggio multipiano lì di fronte. Secondo me il pilota ha provato a evitare danni peggiori».
Nella pioggia vaporosa che si abbatte su San Donato milanese, sotto le lunghe pensiline del capolinea della linea 3 della metropolitana milanese il pericolo sfiorato sembra emergere dai racconti di tutte le testimonianze della prima ora. In pochi possono affermare di aver effettivamente visto il velivolo, ma tutti quanti offrono una loro ricostruzione dei frammenti finali della rotta impazzita che ha preceduto l’impatto, l’esplosione, le fiamme, la strage. «Lo abbiamo sentito passare proprio sopra di noi», dice con enfasi Dario, un abitante delle case di via Fermi, cioè poche centinaia di metri a est del luogo del disastro. «Ha sfiorato il nostro tetto», ripete argomentando un giovane testimone di via Rogoredo, a Sud del teatro della tragedia. Perché la traiettoria fuori controllo del piccolo aereo ha lambito in pochi istanti tutti i popolosi insediamenti al confine tra Milano e San Donato. Poi i racconti si fanno più macabri e strazianti: «Qui erano sparsi pezzi dell’aereo ma anche di quelle persone. E meno male che la palazzina era vuota...».
In questo lembo metropolitano al confine con il capoluogo ci sono almeno quattro continenti rappresentati nei capannelli che si sono radunati al di qua dei nastri bianchi e azzurri srotolati dalle
forze dell’ordine per proteggere il perimetro dei soccorsi, dei rilievi e delle indagini. Il giovane egiziano Ramy resta in silenzio e risponde lentamente e a bassa voce a chi gli chiede cosa abbia visto: «Ero a casa, laggiù, in via Rogoredo, l’ho sentito sopra la testa un attimo prima dell’esplosione. Sono corso qui e ho visto questo». E mostra foto che non si possono descrivere. Andrea Speciale ha 19 anni. In tuta, col borsello a tracolla, si preparava a una domenica pomeriggio in centro. Racconta, gesticola, si volta per indicare con le mani i punti che racchiudono la sequenza che difficilmente dimenticherà, ma la voce gli trema ancora un po’: «Erano più o meno le 13, ero lì, Vedi? Alla fermata che aspettavo un amico. e per un attimo ho intravisto questo aereo, praticamente in picchiata. Cioè — precisa quasi a voler rendere più credibile il suo racconto — non posso dire di averlo visto bene, è stata come un’ombra. Poi c’è stato un botto assurdo, fortissimo, fuoco e fumo, ho visto pezzi volare da tutte le parti. Ero spaventatissimo, ho chiamato il mio amico».
Era vicinissimo, sotto c’era una scia di fuoco Ho visto i pezzi volare dappertutto
Ero a casa, l’ho sentito sopra la testa un attimo prima dell’esplosione
L’ho intravisto in picchiata, è stata come un’ombra Poi il botto, il fuoco, il fumo
Lo abbiamo sentito passare, era proprio sopra di noi