Immigrati e punkabbestia Il popolo che dorme sul greto tra pentole e brandine
Trovate anche alcune bombole del gas, tutte integre
L’ultima volta che li hanno visti era il 20 settembre scorso. Poche persone, che avevano trovato rifugio sotto le arcate del Ponte di Ferro. Avevano dormito sulle brandine ora ridotte a scheletri anneriti dal fuoco, e avevano anche cucinato, usando pentole che i pompieri hanno tirato su dalla cenere. Per accendere il fuoco avevano sfruttato bombole del gas che i soccorritori hanno trovato integre, con i rubinetti chiusi. Segno che non c’è stata alcuna perdita, né voluta né accidentale. In un angolo sono state scoperte anche un paio di taniche da 20 litri, con il tappo. All’interno nessuna traccia di liquido infiammabile, ma solo acqua, raccolta dalle fontanelle pubbliche sempre per cucinare e per lavarsi.
Così, almeno fino a due settimane fa, viveva una decina di senzatetto, forse immigrati dell’est Europa, anche se non si esclude che in passato al Ponte di Ferro abbiano «abitato» punkabbestia, nomadi fuoriusciti dagli sgomberi dei campi, sbandati (anche romani, con precedenti di polizia oppure con problemi psichici), spacciatori. Soprattutto sul greto dal lato di viale Marconi, quello completamente distrutto dall’incendio di sabato notte. Nessuna traccia di bambini o comunque minorenni. Un insediamento per pochi, come del resto sono le centinaia di bidonville che si sono formate negli ultimi mesi proprio sulle sponde del Tevere: il Comune ne ha censite circa 130, ma verso la Magliana e forse anche più avanti ce ne potrebbero essere anche di più. Nella maggior parte dei casi gli occupanti, come del resto quelli del Ponte di Ferro, non sono stanziali: si muovono da un campo all’altro, si scambiano baracche e suppellettili, dopo ogni sgombero cercano nuovi ripari. I carabinieri della compagnia Trastevere stanno cercando gli ultimi che hanno vissuto all’ombra della struttura metallica. A metà settembre c’erano, non è detto però che sabato notte fossero davvero lì sotto, anche se pompieri e militari dell’Arma hanno trovato le loro cose.
Gli investigatori si sono mossi ad ampio raggio e hanno setacciato diversi accampamenti. Poi hanno interrogato alcune persone che frequentavano l’insediamento, al centro di una mezza discarica, fatta di rifiuti e cartoni gettati anche da chi in zona ci vive e ci lavora.
C’è chi non ha alcuna occupazione, chi si arrangia anche raccogliendo ferro nei cassonetti da rivendere agli sfasci, chi tira avanti chiedendo l’elemosina, chi lava i vetri delle auto agli incroci sul lungotevere. In passato c’erano anche parcheggiatori abusivi. Una comunità composita, che a volte si ritrova nelle mense dei
poveri della zona, ma più spesso quando ormai è buio sempre sotto il Ponte di Ferro. Oppure sotto il ponte della ferrovia di Ettore Rolli, proprio a due passi, verso Porta Portese.
All’inizio di settembre il sottopasso è stato danneggiato da un incendio doloso che ha distrutto un dormitorio per clochard. All’epoca si parlò di un regolamento di conti fra senzatetto proprio per l’occupazione di quel passaggio pedonale, al centro delle proteste ripetute dei residenti, stufi di assistere impotenti al degrado quotidiano del quartiere. Reazione simile a quella di sabato notte, anche se per il momento appare prematuro — considerato che fino a questo momento la pista dolosa appare la meno accreditata — ipotizzare un collegamento fra l’incendio al ponte e quello del sottopasso.