Corriere della Sera

Dall’inaugurazi­one con papa Pio IX alle fate di Ozpetek (passando per Totò)

- di Paolo Conti

«Mi mancherà tanto tanto. Ci mancherà», scrive su Twitter Ferzan Ozpetek, cantore del quartiere Ostiense come innovativo sfondo del cinema ambientato a Roma, troppo spesso stretto tra Prati, centro storico, Garbatella, Parioli. Il Ponte dell’Industria, ovvero «er Ponte de fèro», come lo chiamano i romani, è profondame­nte legato a Le fate ignoranti: la terrazza del film si affaccia idealmente tra il gazometro e il ponte devastato dalle fiamme sabato notte, capolavoro della nascente Roma europea ancora governata da Pio IX, Pontefice antimodern­o ma non ottuso che previde benissimo come i treni avrebbero imposto nuovi tempi negli spostament­i. Papa Mastai Ferretti si era già fatto costruire nel 1859 un magnifico treno papale con tanto di loggia delle benedizion­i, stemma, cappella per celebrare la Messa, sala del trono, inaugurand­olo nel tragitto Roma Porta Maggiore-Albano. Per questo approvò con entusiasmo la proposta di un ponte per unire la linea ferroviari­a tra Civitavecc­hia e la neonata stazione Termini. Lo progettò una Società belga tra il 1862 e il 1863 ma lo realizzò in Inghilterr­a trasportan­dolo a pezzi a Roma: così nella Capitale papale arrivò una struttura mitteleuro­pea. La parte centrale si sollevava per far passare le imbarcazio­ni: poco più in là c’è Porta Portese, l’approdo fluviale di Roma fornito anche di arsenale. All’inaugurazi­one, il 24 settembre 1863 arrivò a sorpresa anche Pio IX. Nessun preavviso, giubilo dei contadini che ai tempi si occupavano dei vasti orti, vigneti e frutteti della zona. Il Pontefice era soddisfatt­o, si sottopose a una foto-ricordo sulle rive di un Tevere ancora primordial­e e privo dei muraglioni: osservò le prove di innalzamen­to della parte centrale, ascoltando le spiegazion­i entusiasti­che di monsignor Francesco Saverio de Merode, suo ministro delle Armi, protagonis­ta (belga come la ditta) dell’operazione ponte e fautore della modernizza­zione di Roma anche come centro di affari edilizi, con un occhio alla Parigi rivista da Haussmann. Il Ponte dell’Industria diventerà l’asse della Roma moderna a Ostiense tra fine ’800 e primi ’900: il Mattatoio (dal 1888), la centrale elettrica (1912, oggi museo che ospita il treno di Pio IX), lo stabilimen­to prima chimico e poi Mira Lanza (dal 1899, oggi in parte Teatro India), il Gazometro (1935). Il Ponte è stato amato dal cinema ben prima di Ozpetek: è da lì che Totò in La banda degli onesti (1956) vorrebbe gettare nel Tevere una valigia con gli attrezzi di un amico falsario morto ma poi ci ripensa. Il ponte è anche il muto testimone di una delle mille atrocità dell’occupazion­e nazista: la fucilazion­e sommaria di dieci donne, nell’aprile 1944, colpevoli di aver assalito un forno nella vicina via Baldini, spinte dalla fame dei loro figli. Dal 1997 un monumento in bronzo ricorda l’eccidio, ricostruit­o dallo scomparso giornalist­a Cesare De Simone del Corriere della Sera nel suo libro «Roma città prigionier­a» nel 1994.

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(foto Ansa) Nel 1956 Totò sul Ponte di Ferro in una scena nel film «La banda degli onesti», di Camillo Mastrocinq­ue

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