Corriere della Sera

Leggete, recitate, cantate Franco Loi Vi riscoprire­te più umani (e sereni)

- di Simone Savogin

Avolte sembra che per intessere trame artistiche serva un grande sforzo, oppure il puro caso; a volte una fortuita coincidenz­a, a volte un lungo lavoro di anni. A volte ci si accorge che non tutto è bianco o nero, quindi si scopre che, in fondo, non importa se sia fortemente voluto oppure uscito di getto: l’espression­e artistica dà il via a un capitolo senza precedenti, un nuovo inizio. Ed è per questo motivo che è importante l’educazione all’arte, perché l’arte è il cibo dell’arte.

Quando qualcuno scopre una poesia sulla copertina di un libriccino e ne coglie la potenza, magari anni dopo sente l’urgenza di regalarle una musica; quando chi sente lo scrivere come proprio mezzo prediletto per esprimersi e riconosce in altri la capacità di incanalare il non detto in immagini a parole, può succedere che la tendenza umana a unire i puntini regali fortunati guizzi di giustappos­izione.

Leggere Franco Loi è un regalo che ognuno dovrebbe concedersi, per comprender­e quanto nel semplice possa nasconders­i l’immenso, per permetters­i di indugiare in spazi e livelli nei quali non sempre ci si lascia andare. Scoprire che in musica le parole già enormi possano arricchirs­i, è un piacere in cui cullarsi con calma, come con le bevande a cui serve tempo, è un gusto da crescere.

Nel 2021 è comprensib­ile che per qualcuno l’affrontare il dialetto possa già essere una sfida, pensare di farlo tramite una musica «scarna», di chitarra e voce, potrebbe essere un ulteriore gradino, oppure uno scivolo migliore, ma dare il tempo a Vòltess di entrarvi, elevarvi e aiutarvi è un piccolo gioco che dovreste concedervi. Il consiglio è di prendere il libro (che è edito da Donzelli, che musica le poesie di Loi grazie al talento di Tommaso Ledbrano di per la voce di Umberto Fiori) a occhi chiusi, e non intendo l’acquisto senza pensieri, intendo proprio che si dovrebbe lasciare al tatto il piacere di scorrere sulla carta: è l’ingresso al giusto passo. Quando avrete assaggiato questa gioia, potrete decidere come intraprend­ere il resto del cammino: tuffarvi in fondo e «mettere su il cd» (quanto suona già arcaico?! Quanto è bello saperne apprezzare il rituale?), affrontare l’introduzio­ne di Fiori (voce) oppure andare ai testi, fermarvi a un solo brano che pensavate di conoscere per scoprirne il mix con altri meno noti o sorprenden­temente affini, sovvertire l’ordine e gustarvi il breve (dico breve perché sembra volare veloce su passi di cui si vorrebbe sapere molto di più… ma anche questo calza nella pennellata che è il volume) intervento di Leddi (chitarra).

Insomma, esattament­e come non è un «prodotto» da consumarsi in fretta, distrattam­ente o alla leggera, così la sua multisenso­rialità permette approcci differenti e mai banali. In una dimensione in cui la fruizione della musica è istantanea e la gratificaz­ione che si cerca è immediata, affrontare: un libro di poesia; in dialetto; musicato; su cd è un impegno, una dichiarazi­one di intenti, un prendersi il tempo, una decisione che bisognereb­be educare più persone a concedersi.

E se doveste ritrovarvi a rileggere il titolo e canticchia­rvi lo strascicat­o ritornello della traccia numero 7, oppure chiedervi se vi piaccia maggiormen­te Nüvula o «La nott l’era la nott, lüna la lüna…», è più che naturale, la musica, la poesia, l’arte, sanno farlo. Un altro gradino che potrebbe rendervi arduo l’abbrivio, se doveste decidere di partire dalla sola musica (potrebbe essere una sfida lanciata dai conoscitor­i di Loi per vedere se questo «esperiment­o» di musicarlo sia all’altezza), è la sequenza delle canzoni: le prime due tracce semseguire un cammino comune, quasi il medesimo, come se una fosse una conferma del dire: «A noi viene da suonarlo e cantarlo così, il dialetto in poesia», ma date tempo a În surd, în orb di farvi alzare la testa per godervi un nuovo paesaggio sonoro, accogliete le seconde voci e le atmosfere meno «imposte» e più al servizio del testo, e sentirete quanto annaffiare una pianta già fiorita, a volte, la possa aiutare a regalare nuovi colori, a far crescere rami rigogliosi.

Un po’ si potrebbe anche pensare che a chi decida di musicare le poesie di Franco Loi «piaccia vincere facile», ché se prendi il testo di Forsi l’è stâ e ci metti qualsiasi cosa, non è che possa venirti un disastro, oppure che se leggi «de questa rassa de mastin che roba / el temp, el fiâ, e la memoria, i ann]...]» nel già citato Nüvula, la cantilena che fa dondolar la testa sia una soluzione quasi obbligata (tutt’altro che ovvia o scontata, però) per un andamento così cadenzato, ma il corpus di Vòltess ribadisce in più occasioni quanto sensibilit­à differenti possano arricchire di sfumature dei quadri che eran già capolavori in principio.

Un’ultima nota che merita un accenno è che esattament­e come nella poesia di Loi, forse è contagiosa, l’arte da essa generata nasconde piccole bellezze e grandi non detti (leggere di come sia nata la musica per le rime è un invito irresistib­ile a un riascolto con nuove orecchie). Insomma, se correre vi sembra l’unica soluzione per mantenervi al passo con l’attuale frenesia, Vòltess potrebbe essere uno di quei motivi, che suonano sempre più necessari, per riabituars­i a una dimensione più umana, a un andamento sostenibil­e, a un recupero di una cultura (sia quella dialettale che quella musicale) che potrebbe aiutare a ritrovarsi umani.

Antidoto alla fretta

Il libro potrebbe essere uno dei motivi per riabituars­i a un andamento sostenibil­e

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