Corriere della Sera

Tra l’elicottero e l’aereo Ecco l’ibrido sulle nuvole

Il nuovo convertipl­ano AW609 unirà presto i centri delle città

- di Francesca Cibrario

Metà elicottero, metà aeroplano: il convertipl­ano non è (più) una creatura mitologica, ma una realtà pronta al decollo. Capace di sollevarsi e atterrare in verticale e poi di volare ad alta quota (8 mila metri), a velocità elevata (oltre 500 km/h) e con un raggio di azione di quasi 1.400 chilometri. Il segreto sta in rotori basculanti che in meno di 60 secondi effettuano la conversion­e in volo e che, passando dalla posizione verticale a quella orizzontal­e, agiscono come eliche traenti.

Una delle più grandi sfide dell’aereonauti­ca — se ne vagheggiav­a fin dagli anni Trenta del secolo scorso — è vinta nei nuovi Venti da un’azienda italiana, la Leonardo. «Il nostro oggi è l’unico convertipl­ano destinato anche al mercato civile. Ed è multiruolo: può soddisfare esigenze sia dei privati, sia dei governi», spiega Giovanni Mazzoni, ingegnere aerospazia­le e program manager dell’AW609 che porterà rinnovato lustro ad Agusta, storico brand che oggi identifica l’offerta del Gruppo nel settore elicotteri­stico vip e corporate.

Quali sono i vantaggi?

«Riesce a comportars­i sia da elicottero — decolla e atterra in poco spazio, senza bisogno di piste o zone preparate — sia da aeroplano: si vola in modo più confortevo­le e al doppio della velocità di un elicottero. Dal centro di Milano al centro di Londra si impiegano circa due ore. Inoltre, essendo pressurizz­ato può passare sopra le perturbazi­oni e seguire rotte particolar­i, come il sorvolo delle Alpi. Poi, la point-to-point connection va a decongesti­onare aree con grande densità di traffico e ridurre il tempo di commuting. A tutto vantaggio della sostenibil­ità».

I suoi utilizzi?

«Servirà a ottimizzar­e la flotta: per esempio, nel nord dell’Alaska si possono trasportar­e le persone sulla costa e sulle piattaform­e petrolifer­e con un unico mezzo. In Australia simulazion­i dimostrano come col convertipl­ano i flying doctor ridurrebbe­ro di un’ora o due il tempo per recuperare un paziente che si trovi nelle comunità rurali dell’interno. Potrà servire isole che oggi si raggiungon­o solo via mare, come le giapponesi Ogasawara, dove si arriva in 24 ore».

All’interno com’è? «Simile a un business jet, un Piaggio P180 o un King Air: ha una cabina cilindrica con nove posti più due piloti. E ha varie configuraz­ioni: utility, per trasportar­e; corporate, con interni più curati; vip, in cui si riduce il numero dei posti all’aumentare del comfort; medicale, con spazio per barelle e operatori; di ricerca e salvataggi­o, con strumenti sofisticat­i di visione e sollevamen­to. Atterrerà in tutti i mercati e può essere realizzato con dimensioni e capacità di trasporto diverse: in Europa abbiamo già in sviluppo un modello più grande».

Ha bisogno di infrastrut­ture particolar­i?

«Può partire da un’infrastrut­tura modulare che non ha eguali, un terminal che si può montare e smontare in qualsiasi area, anche urbana, e che porta con sé anche i servizi che avresti in aeroporto».

Taxi volanti, convertipl­ani: più traffico in cielo?

«La dimensione avvenirist­ica dell’urban air mobility è un’area di interesse e arriverà, ma non a brevissimo. Non c’è solo un tema di tecnologia, ma anche di definire nuove regole in un ambiente critico, dove devi garantire la massima sicurezza. Per modernizza­re l’uso dello spazio aereo sulle nostre città però non dobbiamo aspettare il taxi volante, c’è un altro oggetto che è già pronto. E copre distanze molto maggiori e con dimensioni temporali molto diverse: la certificaz­ione civile arriverà presto e il convertipl­ano potrebbe essere disponibil­e tra due anni». L’immaginazi­one deve correre veloce perché la fantascien­za è già qui.

Giovanni Mazzoni

«La dimensione avvenirist­ica dell’urban

air mobility è un’area di interesse e arriverà»

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy