Lo strano caso della Suzuki Jimny
Ha avuto un successo clamoroso. Poi è uscita di scena. Tornerà elettrificata?
Il mistero della Jimny. Non è il titolo di un giallo, ma poco ci manca. La quarta generazione della piccola fuoristrada Suzuki, lanciata nel 2018, ha avuto un successo clamoroso e immediato. Roba da fregarsi le mani e insistere finché dura. Invece, a sorpresa, le vendite sono cessate quasi subito. Perché?
Nessun giallo. Ma un «colpevole» esiste lo stesso: le normative europee sulle emissioni di CO2. La legge comunitaria prevede un limite «combinato» (cioè: medio, calcolato considerando tutti i modelli del costruttore) estremamente basso. Giusto o sbagliato che sia, è un’altra storia. Sta di fatto che per Suzuki, che ha una gamma mediamente più leggera degli altri marchi, il valore è addirittura punitivo: per le auto più pesanti, infatti, i livelli ammessi sono più alti. In ogni caso se il valore viene superato, il costruttore viene multato. E pesantemente. Così ogni esemplare immatricolato di Jimny costava alla Suzuki circa 7mila euro soltanto di sanzioni. Assurdo. Di qui lo stop.
Ma lasciata fuori della porta, la Jimny è rientrata dalla finestra. La Jimny Pro è appena arrivata nelle concessionarie grazie a un escamotage, del tutto legittimo. «Pro» significa che è omologata come autocarro N1, un mezzo da lavoro insomma: categoria trattata con minore severità dai regolamenti per via del ridotto volume di vendita. Tutto bene? Fino a un certo punto: in quando autocarro, la Jimny Pro ha solo i due posti anteriori, alle cui spalle si erge una griglia metallica divisoria che li separa dal vano di carico. Enorme, ovviamente.
La possono comprare tutti? Sì. Il listino parte da 23.900 euro, chiavi in mano. Chi la immatricola come mezzo da lavoro avrà dei vantaggi fiscali, ma con limiti d’uso. Chi invece la registra per «uso privato», oltre al limite dei due posti, non potrà scaricare l’Iva.
«Abbiamo raccolto le istanze di lavoratori, artigiani, professionisti che hanno bisogno di un’auto agile e inarrestabile su ogni terreno — dice Massimo Nalli, presidente di Suzuki Italia —, ma non vogliono spendere cifre spropositate». Del resto Suzuki non sarebbe se stessa senza la Jimny, quindi meglio questa versione che niente.
L’immediata fortuna e la prematura uscita di scena della quattro posti «civile» hanno mandato alle stelle le quotazioni delle Jimny usate: ci sono esemplari in vendita a 40 mila euro. «Quando il nuovo non si trova, l’usato acquista valore. Succede per le auto di nicchia», conferma Davide Archetti, general manager di Automobile.it. Nata per essere (relativamente) accessibile, la Jimny ha oggi il fascino dei prodotti esclusivi, per pochi.
Perché piace? «Perché è un mix senza rivali di razionalità e romanticismo», risponde Marco B., ingegnere, possessore di una Jimny seconda serie. «Il Suzukino è una malattia: è un’auto diversa da tutte le altre, ha capacità di disimpegno straordinarie in ogni situazione e puoi rigenerare le parti soggette a usura con una facilità incredibile».
Il ritorno della Jimny a quattro posti? Sarebbe il titolo di un bel film, molto atteso. Ma dovrebbe essere ibrida o elettrica: in Giappone ci stanno pensando. Nulla di ufficiale, per ora. Ma neppure una smentita categorica.