Corriere della Sera

Una sfida per il Paese fra clima e pandemia

- di Paolo Magri

Assumere la presidenza del G20 «proprio» quest’anno ha costituito per l’Italia un’innegabile sfida. Perché «proprio» quest’anno, con l’arrivo di Biden alla Casa Bianca, è venuto meno uno dei freni più forti alla recente azione multilater­ale, quello dell’America trumpiana. Perché «proprio» quest’anno, con le aperture americane e cinesi alla svolta green, si è intravista una più condivisa consapevol­ezza sulla necessità di un’azione globale per arrestare il cambiament­o climatico e avviare, nei fatti, la transizion­e energetica. Perché, infine, «proprio» questo secondo anno di pandemia, con il suo devastante carico di morti e lockdown, ha imposto un nuovo urgente tema all’agenda multilater­ale: l’accesso di tutti ai vaccini per tornare ad una normalità sanitaria e, tramite essa, a una normalità economica. «Se non ora quando», quindi, per rilanciare il G20, per dare risposte globali e coordinate su «People, Planet, Prosperity», ovvero sui tre macro obiettivi indicati dal governo italiano e rimarcare la sfida accolta e la volontà di contribuir­e con soluzioni concrete. Una sfida che ha ovviamente coinvolto e interessat­o anche i cosiddetti «Engagement Groups» del G20, chiamati a fornire ai leader del G20 opzioni di policy innovative ma realistich­e: quello delle imprese, dei sindacati, dei giovani, delle donne e il Think20, il network che raggruppa centinaia di centri di ricerca del mondo che Ispi ha coordinato. Una sfida vinta? È ovviamente presto per dirlo. Le negoziazio­ni sui temi più caldi e divisivi proseguira­nno fino al Summit dei leader a fine ottobre. Sappiamo però già da adesso che alcuni risultati sono stati conseguiti (la moratoria sul debito dei paesi più poveri, la tassa minima globale per le multinazio­nali e l’allocazion­e senza precedenti di 650 miliardi di diritti speciali di prelievo del Fmi). E sappiamo che in altri campi i risultati sono stati più modesti seppur con qualche passo avanti (la disponibil­ità di vaccini nei paesi più poveri e l’impegno a fornire loro 100 miliardi di dollari per la transizion­e verde). In altri casi invece — come sulla graduale uscita dal carbone — si è rimasti sostanzial­mente fermi a spaccature ben più diffuse e radicate dello scontro fra Washington e Pechino. Mentre la questione afghana, entrata in agenda ad agosto, rimane appesa a un filo in attesa del G20 straordina­rio del 12 ottobre fortemente voluto dall’Italia.

(vicepresid­ente esecutivo Ispi, chair T20)

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