Lo Russo e Damilano, rush finale Il rischio astensione agita il duello
Il faccia a faccia al «Corriere Torino». I leader in città per la chiusura
TORINO Il rischio astensione preoccupa entrambi: l’aspirante sindaco del centrosinistra Stefano Lo Russo, sulla carta il favorito, che deve blindare i 140 mila voti incassati al primo turno, pur sapendo che questa volta a sostenerlo non ci sarà la marea di preferenze (60 mila) portate da tutti i candidati della sua coalizione; lo sfidante del centrodestra Paolo Damilano, cui tocca l’arduo compito di smobilitare gli astenuti concentrati in gran parte nell’elettorato di destra, tanto da ritrovarsi a dover alzare i toni dopo una campagna condotta tutta all’insegna del fair play. Ecco perché i due lanciano dal confronto del Corriere al Salone del Libro il loro appello a non disertare le urne. «È fondamentale che domenica e lunedì vadano a votare in tanti: si decide il futuro di Torino», avvisa il professore del Politecnico. «È l’elezione più importante dal Dopoguerra», concorda l’imprenditore.
La partita per il dopo Appendino rischia infatti di giocarsi sul filo di lana, se i 919 seggi della città resteranno semivuoti come al primo turno. Decisivi i voti del M5S. Non a caso sia Lo Russo sia Damilano li corteggiano: il primo punta su quelli dell’ala movimentista rappresentata dalla candidata Valentina Sganga; il secondo su quelli degli appendiniani scottati dalla dura opposizione di Lo Russo negli ultimi cinque anni, gli stessi che fanno leva sul silenzio di Conte in merito al ballottaggio di Torino.
L’incognita dell’affluenza preoccupa però soprattutto il centrodestra: Damilano ma anche i vertici della coalizione. «L’importante è che la gente vada a votare, comunque vada», avverte Giorgia Meloni, ieri in città per accompagnare l’imprenditore in una visita al «condominio dello spaccio» chiuso dalla polizia. «Mi piacerebbe che votasse tanta gente», auspica Matteo Salvini, che oggi sarà a Torino per chiudere la campagna del suo candidato davanti alle palazzine dell’ex Villaggio
olimpico sgomberate da lui (e da Appendino). Quanto peseranno le elezioni di Roma e Torino? «Per me — risponde il capo della Lega — sono importanti anche Caravaggio e Cassano d’Adda».
I toni non sono più quelli della vigilia del primo turno, quando i leader assicuravano: «Con Damilano vinciamo al primo turno». Il contendente del centrosinistra però non dà nulla per scontato e tallona, metro dopo metro, l’avversario: oggi si ritroverà anche lui, affiancato dal segretario del Pd Enrico Letta, nello stesso quartiere dove Damilano andrà con Salvini. «Quelle palazzine sono state liberate grazie al lavoro di tutti, non solo di Salvini ministro dell’Interno. Ora — dice Lo Russo — bisogna pensare a riqualificare il resto dell’area». L’imprenditore non entra in polemica, ricorda soltanto che quello «è l’esempio di quanto conti la determinazione». Quella stessa determinazione che servirà per risolvere i problemi con cui i torinesi fanno i conti tutti i giorni: i tempi di attesa (anche sei mesi) per avere una carta di identità, i progetti culturali alla Cavallerizza e Torino Esposizioni, le aspettative su Stellantis, con Damilano che sogna un «modello Langhe» e Lo Russo che chiede al governo un piano industriale nazionale che rimetta al centro Torino. Ciascuno ha la sua ricetta, certo. Dei due soltanto uno però sarà sindaco. «Se dovessi perdere — concede Damilano —, resterò a fare opposizione». L’avversario Lo Russo incassa e assicura: «Il prossimo sindaco sarà il sindaco di tutti. Ma soprattutto di quella parte di città che in questo momento fa più fatica».
I rivali
Gli appelli di entrambi alla partecipazione: «Il voto più importante del Dopoguerra»