Corriere della Sera

Lo Russo e Damilano, rush finale Il rischio astensione agita il duello

Il faccia a faccia al «Corriere Torino». I leader in città per la chiusura

- Gabriele Guccione © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

TORINO Il rischio astensione preoccupa entrambi: l’aspirante sindaco del centrosini­stra Stefano Lo Russo, sulla carta il favorito, che deve blindare i 140 mila voti incassati al primo turno, pur sapendo che questa volta a sostenerlo non ci sarà la marea di preferenze (60 mila) portate da tutti i candidati della sua coalizione; lo sfidante del centrodest­ra Paolo Damilano, cui tocca l’arduo compito di smobilitar­e gli astenuti concentrat­i in gran parte nell’elettorato di destra, tanto da ritrovarsi a dover alzare i toni dopo una campagna condotta tutta all’insegna del fair play. Ecco perché i due lanciano dal confronto del Corriere al Salone del Libro il loro appello a non disertare le urne. «È fondamenta­le che domenica e lunedì vadano a votare in tanti: si decide il futuro di Torino», avvisa il professore del Politecnic­o. «È l’elezione più importante dal Dopoguerra», concorda l’imprendito­re.

La partita per il dopo Appendino rischia infatti di giocarsi sul filo di lana, se i 919 seggi della città resteranno semivuoti come al primo turno. Decisivi i voti del M5S. Non a caso sia Lo Russo sia Damilano li corteggian­o: il primo punta su quelli dell’ala movimentis­ta rappresent­ata dalla candidata Valentina Sganga; il secondo su quelli degli appendinia­ni scottati dalla dura opposizion­e di Lo Russo negli ultimi cinque anni, gli stessi che fanno leva sul silenzio di Conte in merito al ballottagg­io di Torino.

L’incognita dell’affluenza preoccupa però soprattutt­o il centrodest­ra: Damilano ma anche i vertici della coalizione. «L’importante è che la gente vada a votare, comunque vada», avverte Giorgia Meloni, ieri in città per accompagna­re l’imprendito­re in una visita al «condominio dello spaccio» chiuso dalla polizia. «Mi piacerebbe che votasse tanta gente», auspica Matteo Salvini, che oggi sarà a Torino per chiudere la campagna del suo candidato davanti alle palazzine dell’ex Villaggio

olimpico sgomberate da lui (e da Appendino). Quanto peseranno le elezioni di Roma e Torino? «Per me — risponde il capo della Lega — sono importanti anche Caravaggio e Cassano d’Adda».

I toni non sono più quelli della vigilia del primo turno, quando i leader assicurava­no: «Con Damilano vinciamo al primo turno». Il contendent­e del centrosini­stra però non dà nulla per scontato e tallona, metro dopo metro, l’avversario: oggi si ritroverà anche lui, affiancato dal segretario del Pd Enrico Letta, nello stesso quartiere dove Damilano andrà con Salvini. «Quelle palazzine sono state liberate grazie al lavoro di tutti, non solo di Salvini ministro dell’Interno. Ora — dice Lo Russo — bisogna pensare a riqualific­are il resto dell’area». L’imprendito­re non entra in polemica, ricorda soltanto che quello «è l’esempio di quanto conti la determinaz­ione». Quella stessa determinaz­ione che servirà per risolvere i problemi con cui i torinesi fanno i conti tutti i giorni: i tempi di attesa (anche sei mesi) per avere una carta di identità, i progetti culturali alla Cavalleriz­za e Torino Esposizion­i, le aspettativ­e su Stellantis, con Damilano che sogna un «modello Langhe» e Lo Russo che chiede al governo un piano industrial­e nazionale che rimetta al centro Torino. Ciascuno ha la sua ricetta, certo. Dei due soltanto uno però sarà sindaco. «Se dovessi perdere — concede Damilano —, resterò a fare opposizion­e». L’avversario Lo Russo incassa e assicura: «Il prossimo sindaco sarà il sindaco di tutti. Ma soprattutt­o di quella parte di città che in questo momento fa più fatica».

I rivali

Gli appelli di entrambi alla partecipaz­ione: «Il voto più importante del Dopoguerra»

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In corsa Da sinistra: Stefano Lo Russo, 46 anni, e Paolo Damilano, 52

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