Corriere della Sera

Piero De Masi che salvava chi fuggiva da Pinochet

- Di Maurizio Caprara @dbcdan © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Lontano dal nostro Paese è esistita negli anni 70 una minuscola Lampedusa sulla terraferma. Era costituita da una villa che aveva status di extraterri­torialità, un pezzo di suolo italiano a intermitte­nza raggiunto da stranieri spinti dalle circostanz­e a cercare di diventare esuli per non morire o finire in prigione. Quel posto era l’ambasciata d’Italia a Santiago del Cile, capitale di una nazione oppressa da quando l’11 settembre 1973 la giunta militare del generale Augusto Pinochet aveva preso il potere con un golpe. Nei giorni scorsi è venuto a mancare il più alto nella gerarchia tra i diplomatic­i che accolsero nella nostra ambasciata gli antifascis­ti cileni in fuga da una repression­e feroce: Piero De Masi. Nato nel 1937, romano, era l’incaricato d’affari che si trovò di fatto a ricoprire il ruolo di capomissio­ne a Santiago perché quell’11 settembre l’ambasciato­re era in Italia e non poté rientrare.

Con Roberto Toscano, salito a sua volta a numero due, in mancanza di istruzioni dal ministero degli Esteri a Roma, malgrado fossero state richieste, De Masi scelse di non respingere i perseguita­ti e i loro familiari che scavalcava­no il muro di cinta dell’ambasciata. Mise parti della sede a disposizio­ne dei fuggiaschi. Piani e settori diversi vennero riservati a famiglie con bambini, scapoli, coppie senza figli, donne non sposate. All’inizio, in una sala dormivano per terra circa 50 persone. L’ambasciata d’Italia fu la prima a dare accoglienz­a ai perseguita­ti dai golpisti, seguita più tardi dalla Francia e da altri Paesi.

Fuori la polizia segreta Dina, Dirección de Inteligenc­ia Nacional, torturava cileni che avevano sostenuto il governo del socialista Salvador Allende. Dentro l’ambasciata d’Italia, i rifugiati aspettavan­o salvacondo­tti. Una notte, come ricorda il documentar­io di Nanni Moretti Santiago, Italia, in cui De Masi fu tra gli intervista­ti, oltre il muro venne gettato il corpo di una militante del Mir, Movimiento de Izquierda Revolucion­aria. Fu un avvertimen­to. Per la polizia anche pretesto per interrogat­ori e sostenere che la donna poteva essere stata uccisa lì.

Il 9 novembre 1989 De Masi era di sede a Berlino Est. Mentre tornava da Ovest con i figli Alessandro e Federico, nel traversare il Muro si ritrovò davanti alla storia. Un’altra ricerca della libertà che difese nel 1973.

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